Questo è un diario delle rivolte che verrà aggiornato regolarmente. Quali rivolte? Semplice: quelle che ormai si stanno contagiando l’un l’altra ed espandendo a macchia d’olio in varie parti del mondo. In ogni nuova pagina forniremo aggiornamenti – anche molto brevi – e racconteremo singoli episodi dalle varie scene di rivolta, in America, Europa, Medio Oriente/Nord Africa, – e con il tempo anche Asia, e speriamo anche Africa. La forma sarà appunto quella del diario quotidiano, con cronache, riflessioni, commenti degli esperti.
Pagina 3 – 22-25 Ottobre 2011
USA: Vietato Protestare per i Diritti Civili
AUSTRALIA: Occupiamo Sydney Non la Palestina –
LONDRA – ‘La Liberazione del Mondo Libero’
LONDRA – L’attivista egiziana di Tahrir Square
LE RIVOLTE E LA PALESTINA
Parla Franklin Lamb
* * *
USA: VIETATO PROTESTARE PER I DIRITTI CIVILI
E’ stata una settimana di repressione brutale sulla scena delle rivolte globali iniziate nella regione mediorientale e ormai estese all’intero mondo occidentale.
Nell’intervista pubblicata nella Pagina 2 di questo diariosulle rivolte globali il Prof. Shakespeare lo aveva previsto:« … si tratta di una sfida diretta ad un sistema che è sull’orlo del collasso e ad un certo punto coloro che lo controllano si abbatteranno sui rivoltosi con tutta la brutalità di cui sono capaci. Le rivolte sono destinate a prendere una brutta piega perché i governi non hanno alternative e soluzioni da proporre. Il sistema si sente minacciato e risponderà come un animale feroce sotto attacco.»
Durante la settimana, negli Stati Uniti le forze dell’ordine si sono scagliate con la forza bruta sui manifestanti del movimento dei 99% nelle grandi città come Chicago, Denver, Oakland, Cincinnati, Atlanta, Seattle, Dallas, San Francisco,
Los Angeles – smantellando le aree dell’occupazione permanente ed eseguendo in ogni città centinaia di arresti – migliaia complessivamente. In
Oakland e
Chicago in particolare abbiamo assistito a scene di assalto talmente feroci da parte delle forze dell’ordine che sembrava di trovarsi nel mezzo di una vera e propria guerriglia urbana, eccetto che i manifestanti, molto saggiamente, hanno opposto la sola resistenza passiva.
In Oakland – California – la protesta era iniziata con il corteo di protesta in solidarietà con i detenuti nel terribile carcere di massima sicurezza “Pelikan Bay”, noto per le condizioni disumane nelle celle di isolamento senza finestre, con il neon acceso 24 ore su 24 e l’isolazmento acustico totale che provoca nel detenuto la paurosa sensazione di essere sospeso nello spazio e nel tempo.
Le proteste si sono protratte fin nella tarda serata e il corteo aumentava di partecipanti con il passare delle ore. Poi, quando i manifestanti si avvicinavano alla centrale di polizia, le forze dell’ordine hanno aperto il fuoco con i proiettili rivestiti di gomma e con i gas lacrimogeni. Alla fine gli arresti sono stati almeno 85, nonostante i manifestanti si siano astenuti da qualsiasi atto di violenza contro persone o proprietà.
Commentava in diretta Stephen Lendman mentre scorrevano le immagini della repressione di Oakland: «Il messaggio ai manifestanti da parte di chi detiene il potere è chiaro:
è vietato manifestare in difesa dei diritti umani e dei diritti civili. La tattica delle forze dell’ordine è la provocazione violenta che ha per scopo suscitare reazioni aggressive nei manifestanti per giustificare l’intervento repressivo, gli arresti, le violenze gratuite e in ultima analisi il probabile divieto di protesta civile. E’ così che funziona l’America da un decennio a questa parte. Gli attacchi dell’11 settembre hanno fornito l’alibi per privare i cittadini dei diritti garantiti dalla Costituzione.»
Ecco alcune immagini delle 24 ore di Oakland.
Il corteo si avvia verso la centrale di polizia con in prima fila lo striscione di solidarietà con i prigionieri di Pelican Bay, ora in regime di sciopero della fame …
Con il passare delle ore aumenta il numero dei partecipanti alla protesta …
Uno degli striscioni dice «Insegnanti di Oakland: No alla violenza della polizia»
Invece la polizia inizia a sparare nel tentativo di disperdere la folla …
Poi lancia i gas lacrimogeni e le granate assordanti …
… scene da guerriglia urbana, ma è solo la polizia a comportarsi in modo aggressivo.
In basso: la mattina dopo, all’alba viene eseguito lo sgombero forzato dell’area di occupazione e l’arresto di 140 persone. Alla resistenza passiva degli occupanti, le forze dell’ordine rispondono con la brutalità. Alla fine ogni proprietà privata viene sequestrata e l’area viene presidiata dalle forze dell’ordine.
Per contro, negli ultimi giorni le autorità evitano accuratamente di agire con violenza nelle aree su cui sono puntati i riflettori del mondo: il Zuccotti Park nel distretto finanziario di New York, e la Freedom Plaza “Tahrir Square” di Washington, dove le telecamere dei media e delle agenzie internazionali sono presenti costantemente, riprendendo ogni evento di protesta promosso dagli organizzatori del movimento.
Durate il fine settimana il Zuccotti Park - base permanente dell’occupazione di Wall Street, è stato teatro della manifestazione “Le famiglie occupano Wall Street”. Decine di famiglie, con figli di tutte le età, si sono unite in solidarietà con gli eroici occupanti che rimangono nel parco/piazzale giorno e notte, sfidando il freddo e i disagi dell’accampamento in area urbana.
Una giovane madre che osservava la figlia in età pre-scolastica impegnata insieme ad altri bambini nelle attività ludiche finalizzate a risvegliare la curiosità dei piccoli nelle questioni dell’interazione civica, dichiarava ai microfoni di Press-Tv: «ho pensato che fosse importante per i miei figli capire in cosa si stanno impegnando le persone che occupano questo parco. Mio marito e io spieghiamo sempre tutto ai nostri figli in modo che crescano consapevoli del mondo che li circonda.»
Annunciava oggi Sarah Flounders, una delle organizzatrici delle proteste di New York: «domani protesteremo in massa contro la chiusura annunciata di alcuni ospedali a causa della mancanza di fondi pubblici. E’ davvero oltraggioso: ci sono sempre i soldi per finanziare le guerre, per regalare miliardi e miliardi a Israele, per salvare le banche che oltre a speculare in modo spregiudicato derubano le popolazioni del mondo, ma non ci sono i soldi per i servizi pubblici. Questa è una crisi creata dal sistema capitalista che premia i ladri e punisce gli onesti e i vulnerabili. La gente si sta rivoltando contro il sistema corporativo che crea intere società di schiavi in varie parti del mondo, dissangua le classi medie di paesi con enormi ricchezze come gli Stati Uniti, ed esige continue misure di austerità per andare a riempire le tasche dell’élite già talmente ricca da non sapere cosa farsene
di tutto il patrimonio accumulato.»
Un cartellone nell’immagine dice: non si possono mangiare i soldi.
* * *AUSTRALIA: Occupiamo Sydney Non la Palestina
Se le scene di violenza contro i manifestanti in USA delle ultime settimane ci sono sembrate particolarmente cruente, le immagini della repressione brutale cui abbiamo assistito nelle piazze dell’occupazione in Sydney e
Melbourne ci hanno lasciato senza fiato.
Nella famosa Martin Place di Sydney un cartellone diceva «occupiamo Sydney – non la Palestina».
Mentre a Melbourne si è unito al corteo dei 99% il movimento “studenti per la Palestina” che esibiva striscioni enormi per farsi notare ai media. Sappiamo che purtroppo i governi australiani degli ultimi decenni si sono rivelati tra i più estremi sulla scena del filo-sionismo occidentale, alla pari con USA, Canada e Gran Bretagna.
Tuttavia l’attivismo pro-palestinese in Australia è particolarmente vivo e impegnato, a differenza della scena statunitense, in cui non esiste un vero e proprio movimento di lotta in favore della Palestina. A causa della disinformazione dei media, la maggioranza degli americani non ha idea di quale sia la realtà della Palestina occupata.
A Melbourne la settimana scorsa le sedi della protesta si erano trasformate in scene di violenza gratuita da parte delle forze dell’ordine, quando i manifestanti si erano rifiutati di abbandonare le aree dell’occupazione, opponendo resistenza passiva. (
v. video ).
Questa settimana è toccato a Sydney. Alle 5 del mattino di domenica 23 ottobre, mentre era ancora buio, circa 200 poliziotti si sono avventati senza preavviso sull’accampamento degli occupanti, trascinando le persone fuori dalle tende ancora in abbigliamento da notte. Poi gli agenti hanno messo tutti gli occupanti in fila, seduti a terra e ammanettati dietro la schiena.
Hanno poi smantellato le tende e accatastato ogni cosa, compresi i cartelloni e gli oggetti personali, in un unico mucchio che veniva in seguito rimosso dalla sede dell’occupazione senza tante cerimonie. Ai manifestanti è stato sequestrato ogni effetto personale, compresi i cellulari. Chi si ribellava veniva manganellato.
E’ SUCCESSO IN CANADA
Questa settimana il movimento canadese dei 99% si è mobilitato in massa per manifestare contro l’arrivo in
Vancouver dell’ex presidente George W. Bush. Analogamente alla Gran Bretagna, dove è stata emendata la Carta dei Diritti Umani per permettere alla responsabile di Piombo Fuso, Tsipi Livni, di mettere piede su suolo britannico senza rischiare l’arresto per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, anche in Canada le autorità hanno predisposto le condizioni legali necessarie a fare entrare Bush impunemente nel paese, nonostante le formali richieste dei cittadini canadesi per mezzo di Amensty International e altre organizzazioni umanitarie, di arrestare Bush e incriminarlo per le torture nei confronti dei prigionieri di Guantànamo e per crimini di guerra in Iraq e Afghanistan.
Come in Australia, il movimento per la Causa Palestinese in Canada è molto attivo e può contare su un numero elevato di attivisti che organizzano eventi per diffondere consapevolezza tra i cittadini su quanto succede in Palestina da oltre un secolo e in particolare da quando i sionisti hanno dichiarato unilateralmente l’esistenza di uno stato illegale su territorio rubato ai Palestinesi.
LONDRA, l’attivista egiziana di Tahrir Square
Sabato 22 ottobre nell’area dell’occupazione di fronte alla cattedrale di St. Paul, nel distretto finanziario di Londra, gli occupanti hanno assistito ad un momento commovente. E’ arrivata in piazza la famosa e storica attivista egiziana Nawal el-Saadawi, che in Egitto ha combattuto tante battaglie per i diritti delle donne e dei diseredati ed è stata per questo forzata in esilio a varie riprese negli Stati Uniti e in Inghilterra. Invitata a parlare di fronte alla folla degli occupatori, Nawal ha preso il microfono dicendo: «ho voluto festeggiare oggi con voi il mio 80esimo compleanno.
Il mondo è UNO e dobbiamo lottare uniti, tutti insieme. Sonovenuta a dire qui nella Piazza Tahrir di Londra : il mondo intero è TahrirSquare – la Piazza della Libertà.»
Successivamente Nawal el-Saadawi commentava ai microfoni di Press-Tv: «Perché i dittatori occidentali si sono mossidicendo di volere liberare la Libia da un dittatore, ma si rifiutano diliberare la popolazione di Gaza e della Palestina? Perché?»
LONDRA – ‘La liberazione del Mondo Libero’ Una bella notizia: è arrivato Charlie Veitch, regista e documentarista britannico e compagno di tante lotte degli attivisti pro-Palestinesi. Sta girando un documentario dal titolo «Occupy London Day ZERO». Ed esiste già il video “The making of the Documentary” (e cioè: sul set delle riprese).
Come dice il titolo, il video mostra Charlie Veitch e la sua troupe di tre o quattro cameraman all’opera, mentre fanno le riprese di quanto avviene nella zona dell’occupazione dei 99% davanti alla cattedrale di St. Paul’s nel cuore del distretto finanziario di Londra, a due passi dalla Borsa londinese (Stock Exchange).
E’ divertente e ironico il video, perché mette a nudo l’idiozia delle azioni brutali della polizia in presenza di eventi e persone che chiaramente non rappresentano pericoli di alcun tipo per niente e per nessuno.
C’è un momento, nel filmato, in cui Charlie – che parla e commenta continuamente nel video con frasi argute tra il serio e il faceto – si rivolge sia alla folla che ai poliziotti presenti dicendo:
«Sapete cosa c’è che non va? Che in un sistema come questo gli stipendi di questi signori (ipoliziotti) sono soggetti alla condizione che loro non capiscano il problema. Einvece noi vi preghiamo di capire il problema.
Martin Luther King ha detto:arriva il momento in cui il vostro silenzio diventa tradimento.»
Il giorno prima, ai microfoni di Press-Tv Charlie Veitch aveva dichiarato: «Da anni lotto in favore della Causa Palestinese e contro i muri di
Israele. Ho partecipato a tante iniziative e tante manifestazioni. Sono stato arrestato continuamente e ho visto che purtroppo non facciamo molti progressi. Ho capito che per liberare gli oppressi di Gaza dobbiamo liberare le nostre società dall’occupazione sionista e dal capitalismo, strettamente connessi tra loro. Non posso accettare che ogni mattina un miliardo dei nostri fratelli nel mondo si svegli affamato, sapendo di non avere alcuna speranza di potersi nutrire. Non posso accettare che due miliardi di persone ogni giorno si sveglino non sapendo come mettere in tavola il cibo per i figli, mentre quelli che li hanno privati dell’accesso alle risorse prosperano indisturbati. Tutto questo deve finire. Ecco perché sono qui, oggi, in questa piazza, ad unirmi alle rivolte globali e a documentarle. Spero che non mi arrestino di nuovo perché protesto in favore dei diritti civili.»
Nel link segnalato in alto, sotto il video appare questo commento introduttivo di chi lo ha pubblicato: Charlie Veitch, nella sua ricerca per la ‘
liberazione del mondo libero‘ si imbarca per un nuovo progetto: «Occupiamo Londra, Giorno Zero.» Da non perdere assolutamente il video !
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LE RIVOLTE E LA PALESTINA – ParlaFranklin Lamb
Chi segue questo blog conosce bene Franklin Lamb, giurista americano che vive da anni in Libano e si batte da sempre in favore della Causa Palestinese. In un’intervista rilasciata a Press-Tv, Franklin
Lamb commentava la questione Palestinese nell’ottica delle rivolte in atto, dicendo che gli USA non possono più permettersi – sia sul piano economico che morale – di fornire armi e finanziamenti a Israele che è sotto pressione internazionale per le atrocità commesse contro l’umanità.
Dichiara Franklin Lamb: «E’ chiaro ormai che è arrivato il momento per
Washington di disimpegnarsi da Israele e dall’occupazione della Palestina.
«Non so quanto sia di dominio pubblico, ma Panetta (capo del Pentagono / ministro alla difesa) ha parlato con Netanyahu in termini molto forti. Ha dichiarato che il governo israeliano, ma anche lo stato di Israele, potrebbero non sopravvivere a queste rivolte islamiche e arabe – e ora anche occidentali.
«E il motivo è questo: il popolo americano ne ha abbastanza e non credo che Obama possa sostenere lo stato attuale delle cose, il sostegno amorale per Israele contro le Nazioni Unite e l’UNESCO.
«Il messaggio (di Panetta a Netanyahu) è chiaro: lo stato di apartheid di Israele non ha posto nella regione, né ha il diritto di chiedere e ricevere un sussidio di miliardi di dollari dalle tasse dei contribuenti americani. Ora basta. Non ne possiamo più. Obama sa perfettamente che la sua rielezione è a rischio se non riesce a ristabilire un codice di comportamento che rispecchi i valori su cui è stata fondata l’America.
«E’ chiaro che il tempo delle chiacchiere e dell’asservimento a Israele è finito. E’ arrivato il momento per l’America di rivoltarsi contro il regime sionista.
«Vediamo che ormai il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e la Nato sono state ridotte a semplici appendici delle politihe estere americane. Entrambi questi aspetti sono da risanare. Dobbiamo smantellare la Nato e riformare le Nazioni Unite.
«Sappiamo benissimo che non possiamo contare su Israele per un comportamento etico che rispetti i diritti umani, ma possiamo contare sulle folle nelle strade, nei paesi del Medio Oriente e ora nei paesi occidentali.
«Sta a noi, sia collettivamente che individualmente, cambiare lo stato delle cose. Sta a noi invertire la tendenza all’inettitudine dei nostri governi in questa faccenda.
«Credo che Panetta facesse sul serio. E sicuramente verrà reso noto al pubblico entro breve che l’America dovrà distanziarsi da Israele. L’assistenza militare a Israele, che è entrata a far parte della legislazione americana nel 2008 per opera di Howard Berman, e da allora un pilastro della comunità sionista in America, non è più sostenibile né valida.
«L’America non può più permettersi di assistere Israele, né militarmente, né economicamente e quindi è arrivato il momento di tagliare i ponti con il regime sionista. Ed è proprio questo che Panetta ha detto a Netanyahu personalmente, più o meno in questi termini.
«E’ chiaro che ormai la regione è avviata sulla via della rivoluzione e il punto di non-ritorno è stato superato. Il passato è passato e il futuro si chiama Tunisia e Yemen e Ramallah. Sono sicuro che le persone di buona volontà, insieme, cambieranno per sempre lo stato delle cose.»