Lunghezza: 287 pagine
Prezzo: 7,00 €
Lingua: Italiano
Autore: Chuck Palahniuk
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Sinossi
(dalla quarta di copertina)
Da quando ha sposato Peter, enigmatico compagno di corso alla scuola d’arte, Misty è venuta ad abitare sull’idilliaca Waytansea Island. Ora Peter, dopo un oscuro tentativo di suicidio, giace in coma all’ospedale. E Misty tiene questo diario – come facevano le mogli dei marinai costrette a lunghe separazioni dai mariti – per quando (semmai) tornerà alla coscienza.
Ma basterà questo a tenere lontane le ombre, a separare il dolore dalla rabbia permettendo alla logica di fare il suo sporco lavoro?
Impressioni
Che dire?
Ormai mi sono fatto una certa esperienza con le opere di Palahniuk e l’unica cosa certa è che non esistono certezze.
Quando si prende un suo libro ci si deve aspettare di tutto, senza mezzi termini, e questo Diary non fa eccezione.
Un romanzo a tratti complicato, soprattutto per il suo modo contorto di affrontare un tema come l’arte in maniera disturbata e cinica (nessun artista può considerarsi tale se non soffre le pene dell’inferno), ma che riesce, con non poche provocazioni, a demolire i preconcetti che siamo abituati ad avere nei confronti della società moderna.
Aspetti come la tristezza, il dolore, la rabbia, sono qui dipinti con una crudeltà che spiazza, che intontisce fino a portare il lettore verso il ciglio di un buco nero da cui è possibile sentire il tanfo del degrado e della disperazione. Impossibile non venir trascinati, fosse solo per un breve momento, nella mente dei personaggi, Misty per prima, il cui compito è avvolto da un alone sporco e sudicio.
Il confronto, l’ammissione di non essere al livello di chi prima di noi ha calcato lo stesso sentiero, è forte, se non fosse che si tratta di uno scontro impari.
L’arte vista come un essere vivente, che si nutre di dolore e di tutto ciò che è considerato male, solo ed esclusivamente per avere in dono una piccola parte di ciò che è davvero il talento. Ma al tempo stesso l’arte è il metro di paragone con cui valutare un’intera società, con i suoi lati oscuri, le sue leggi ingiuste e la logica contorta che risiede negli animi di chi cammina su questa terra.
Il personaggio di Misty è perfetto nella sua lotta contro l’accettazione di una vita mediocre, una vita che si è scelta suo malgrado e che l’ha portata dove non sarebbe mai voluta essere. Il suo è un viaggio in caduta libera, sospinta da un vento teso e scuro che promette di essere marcio fino all’osso e ripaga con l’avverarsi degli incubi peggiori.
Una lotta contro un destino, contro una volontà superiore che esiste da molto prima di lei e ancora le sopravvivrà, in un circolo scandaloso di violenze psicologiche e traumi insuperabili.
Non mi sento di consigliarvi la lettura.
Non perché il romanzo non meriti, anzi. Ma dovete sapere che leggerlo porterà solo a due naturali conclusioni: o lo amerete, e allora le mie preoccupazioni saranno state inutili, o lo troverete pessimo, al punto da rischiare di non terminarlo.
Io sto caldamente nel primo gruppo ma non posso certo parlare per tutti.
Sappiate solo che leggere Palahniuk non è mai una bella esperienza per il vostro stomaco, e stavolta lo è ancora meno.
Fidatevi.