Diavolo d’un asteroide

Creato il 11 novembre 2014 da Media Inaf

Una vita d’asteroide. È quella che ha sempre condotto – perlomeno così si pensava, stando alle osservazioni degli ultimi 15 anni – il pietrone da 4 km di raggio che si aggira fra Marte e Giove con numero di targa (62412) 2000 SY178. Ma all’ultimo avvistamento, condotto con la Dark Energy Camera (DECam) del telescopio da 4 metri dell’Osservatorio di Cerro Tololo (CTIO), è spuntata una coda. Ad accorgersene, gli astronomi Scott Sheppard e Chadwick Trujillo, rispettivamente della Carnegie Institution for Science e del Gemini Observatory, autori dell’articolo, in corso di stampa su The Astronomical Journal,  che descrive la scoperta.

Non è il primo, 2000 SY178, a esibire una doppia natura: anche su Media INAF già abbiamo trattato di casi analoghi e di casi opposti, ovvero comete che si fingono asteroidi. Gli asteroidi attivi, o main-belt comet (come vengono a volte chiamati dal nome della loro ubicazione), sono noti dal 1979, e con 2000 SY178 il loro numero arriva a 13. Questo è però il primo appartenente alla cosiddetta famiglia Igea.

Come gli altri asteroidi della fascia principale, anche quelli attivi hanno orbite stabili comprese fra quella di Marte e quella di Giove. A distinguerli è appunto l’aspetto, che a volte – quando la polvere o il gas vengono espulsi dalle loro superfici a creare l’effetto di una coda sporadica – è quello delle comete. Ed è proprio la sporadicità uno dei fattori che confondono gli scienziati. «Fino a una decina d’anni fa, decidere cosa fosse una cometa e cosa non lo fosse era abbastanza ovvio. Ma tutto sta cambiando», osserva Sheppard, «da quando ci siamo resi conto che non tutti questi oggetti mostrano attività in modo continuativo».

Persistenza o meno dell’attività, il grande punto interrogativo riguarda però la natura di queste emissioni dalle sembianze di code. Perdite da impatti? Sublimazione del ghiaccio? Per quanto riguarda 2000 SY178, due sono le ipotesi prese in esame da Sheppard e Trujillo, ed entrambe partono da un’osservazione: l’asteroide ruota su sé stesso a grande velocità, dunque è assai probabile che il materiale in superficie sia soggetto a spostamenti. Una prima ipotesi è che la coda sia costituita proprio dalla perdita di questo materiale. Oppure, i movimenti in superficie potrebbero far affiorare il ghiaccio presente all’interno dell’asteroide, che sublimando in vapore acqueo darebbe a sua volta origine alla coda.

Quel che è certo è che – coda o non coda – la densità di 2000 SY178 è pari a quella caratteristica degli asteroidi primitivi, dunque assai superiore a quella molto bassa delle comete. E sicuramente di oggetti analoghi a 2000 SY178, là nella fascia principale, ce ne sono ancora parecchi da scoprire: almeno un centinaio, stimano i due ricercatori.

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Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Malaspina


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