Didattica a distanza, a due studenti su 5 piace l’idea di rimanere a casa

Creato il 18 settembre 2020 da Francesco Sellari @FraSellari

La rilevazione delle scuole cattoliche. La proposta di una didattica «aumentata» con tablet e smartphone

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Vista inizialmente come una sorta di Moloch al quale sacrificare quanto di più bello c’è nella scuola, la didattica a distanza ha dimostrato di essere non solo una necessità, ma anche un’opportunità per ripensare e ammodernare i sistemi dell’apprendimento. E allora, una didattica mista, a distanza e in presenza, potrebbe aiutare a cogliere il meglio di entrambe le modalità di insegnamento. L’importanza della relazione con docenti e compagni da un lato; una minor ansia e una migliore organizzazione del tempo dall’altro. Mentre, la maggior familiarità con la tecnologia sviluppata nei mesi del lockdown, potrebbe finalmente sdoganare l’utilizzo a fini didattici di tablet e smartphone. Per una didattica, per così dire, «aumentata».

A chi piace rimanere a casa

Si può arrivare a queste conclusioni esaminando i risultati di un questionario che la Fidae, la Federazione delle scuole cattoliche primarie e secondarie, ha somministrato a studenti e docenti della propria rete di istituti. Si tratta di una indagine alla quale hanno partecipato oltre 900 tra docenti e studenti, nata per raccogliere indicazioni utili alla ripartenza. Oltre l’80% delle risposte sono arrivate dalle regioni più colpite dall’emergenza sanitaria: Lombardia, Piemonte, Emila Romagna e Veneto. La percentuale di allievi che non ha partecipato alla didattica a distanza oscilla tra il 5 e il 10%. Tra le cause di questo mancato coinvolgimento, le più ricorrenti sono quelle della demotivazione e della mancanza di strumenti. I maggior problemi si sono verificati alla scuola primaria, generalmente riconducibili a mancanza di connessione e all’incompatibilità lavorativa dei genitori.

Il questionario ha cercato anche di indagare cosa i ragazzi hanno apprezzato, e bocciato, delle lezioni on line. Oltre il 40% degli studenti che hanno partecipato alla rilevazione (240 su 583 totali) hanno promosso la possibilità di rimanere a casa. Ma tra le risposte più gettonate ci sono anche la possibilità di utilizzare la tecnologia, la migliore organizzazione del tempo e del carico di lavoro e una riduzione dell’ansia da prestazione. Come aspetti negativi si segnalano invece, com’era prevedibile, l’assenza fisica dei compagni, la mancanza di relazioni, l’impossibilità di partecipare ai tradizionali riti di fine anno.

Le priorità per la riapertura

Gli allievi sono stati invitati anche a indicare delle priorità per la riapertura. Ne emerge l’urgenza di rivedere in classe i contenuti appresi in fretta e l’auspicio di una didattica «più inclusiva e coinvolgente», quindi più attenta anche a chi ha bisogni educativi speciali. È interessante anche il fatto che un buon numero di allievi (circa il 25%) auspichi un regime di didattica mista (in presenza e a distanza).

«In generale, emerge la richiesta forte, soprattutto da docenti e famiglie della scuola primaria, di ripartire con la didattica in presenza – ci spiega Don Andrea Andretto, consigliere nazionale Fidae – Anche se ci sono alcuni studenti, soprattutto della scuola secondaria, che non sottovalutano alcuni pregi della didattica a distanza. Per organizzare meglio il carico di lavoro e ridurre l’ansia. Sicuramente questa esperienza ci ha insegnato che device e applicazioni non sono necessari soltanto per la didattica a distanza. Questi strumenti possono essere implementati per la didattica in presenza. Ce lo dicono i ragazzi: notebook e tablet possono essere utili anche in classe».

La Fidae, in collaborazione con Uni, l’Ente italiano di certificazione, ha definito una prassi didattica che contempla l’ipotesi di una didattica integrata anche per far fronte ad un’eventuale nuova chiusura. Nelle indicazioni che propone al network di scuole paritarie ci sarà dunque una maggiore attenzione anche all’utilizzo dei device elettronici in aula. Infine, un ulteriore conseguenza positiva della didattica a distanza sta nei processi di valutazione messi in atto dai docenti. «Molti docenti sono stati in un certo modo ‘provocati’ dal DAD – conclude Andretto – Spinti a ripensare il tema della valutazione, privilegiando un approccio che di fatto non sempre veniva tenuto in considerazione. Un tipo di valutazione formativa che non tenga prevalentemente conto delle singole prove ma che dia un peso maggiore a tutto il lavoro che viene fatto dal ragazzo, anche in termini di partecipazione, attenzione e approfondimento personale».


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