In quanto cafonata nonché fracassone pop-corn movie, la pellicola di Moore funziona egregiamente. Diverte, ci sono scene action ben congegniate (il lunghissimo e distruttivo inseguimento per le strade di Mosca), c'è John McLane e in almeno in un paio di occasioni ho letteralmente ululato dalla gioia. Però, a parte questi piccoli dettagli, questo quinto episodio non si può lontanamente paragonare ai primi tre capitoli che hanno elevato il franchise allo status di cult. Purtroppo ci sono parecchie mancanze, quasi tutte attribuibili alla sceneggiatura di Skip Woods (i cui scritti passati non è che sono poi così favolosi), la cui "mancanza" (per l'appunto) si sente pesantemente tanto da non riuscire a dare una vera forza al film. Non esiste un vero cattivo, non esiste una vera spalla per Willis e lo stesso personaggio di McLane sembra troppo poco motivato e veramente poco credibile. E mi fermo qui per non andare a scavare nelle incongruenze e nei buchi che costellano tutta la trama.
Insomma Die Hard 5 piace per il suo essere goliardico, tamarro e poi perché è pur sempre un Die Hard, ma si nota una forzatura da "passaggio del testimone" che snatura in qualche modo tutta l'operazione.
Ci poteva essere gloria, ma restano solo esplosioni e diti medi.
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