Dieci, di Andrej Longo

Creato il 22 novembre 2011 da Patriziabi (aspassotrailibri) @openars_libri

Io, il libro, le parole contate (di Patrizia)

RecensioneDieci, di Andrej Longo (ed. Adelphi, 2007, pp. 144)

Dieci, come i dieci comandamenti.
Dieci, come le storie che sono brillantemente raccontate in questo libro in cui un italiano (volutamente) storpiato ed un travolgente dialetto napoletano la fanno da padroni.
E’ proprio l’inflessione dialettale la vera ricchezza dei dieci personaggi che animano queste pagine di vicende popolane e popolari. E’ il lessico utilizzato a concedere fascino e brillantezza alle storie narrate, acutezza a dialoghi a tratti sprezzanti o disincantati.
Le storie sono quelle che si fanno largo e nascono tra i quartieri di Napoli, tra protettori conosciuti e protetti inconsapevoli, tra carnefici e vittime, tra fragilità interiori e bellezze ostentate, dal sapore caricaturale.
Sono storie di strada delle quali non è necessario ricercare il fattore che le renda verosimili: esprimono già da sé, senza incertezze né fronzoli, con un senso marcato dell’autore per la costante ricerca della “giusta misura”, la cruda realtà che appartiene ai quartieri di confine delle nostre metropoli, laddove il gergo, la gerarchia, la prepotenza, le debolezze e quel velo d’inquietudine e di sconsiderata ingenuità dominano incondizionatamente sull’essere umano.
Un libro che, sin dalle prime battute, il lettore comprende di non poter “dosare”: lo si divora con l’ingordigia di conoscere le voci, i tratti, i destini di ogni singolo individuo che si incontra, la cui esistenza “letteraria” rapisce il lettore. La sua attenzione è proiettata senza filtri su ciò che spesso si tende ad allontanare dal proprio orizzonte, dinnanzi al quale lo sguardo si abbassa, come accade a molte delle vite che attraversano queste pagine e si rispecchiano nel Decalogo delle tavole sacre.

“Il giorno appresso ho guardato di nuovo a Telestella, per vedere se parlava del vecchio, se era morto. Ma non diceva niente, neppure una parola.
Io, a quel momento, in quei giorni, che il vecchio stava in coma, non avevo capito ancora. Sì, stavo un poco stranito perché avevo perso il controllo, perché durante la rapina non avevo mantenuto la freddezza, però solo per quello. Almeno così credevo. Mi vedevo con Pinuccio e Tonino, per fare le solite cose, ogni tanto mi scopavo a Jessica, mi tiravo con la cannuccia la coca e l’acetone, e ai semafori guardavo fissi a quelli vicino, aspettando che abbassavano lo sguardo. Però ci stava qualcosa che non funzionava più come a prima. Me lo sentivo nello stomaco. E non capivo perché. Pensavo che la ragione era che il vecchio si poteva svegliare dal come e faceva il nome mio. E dopo mi arrestavano. Che la smania che tenevo dipendeva da quello. Dall’attesa che non mi dava pace.” [p. 100]

Andrej Longo

Dieci

ed. Adelphi

Anno 2007, pp. 144

ISBN 9788845922275

Il mio giudizio: 4/5


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