Dieci motivi, anzi nove

Creato il 10 maggio 2011 da Albino

Come promesso, oggi mi sono messo d’impegno per scrivere i dieci motivi per cui albino non puo’ vivere il resto della sua vita in Giappone.
Non ci sono riuscito: me ne sono usciti solo nove. Credo comunque che siano ben piu’ che sufficienti.

1. Perche’ in Giappone o sei giapponese o sei un “gaijin”, due caste in cui si entra a senso unico per nascita e il cui status e’ incancellabile perche’ sta scritto nel codice genetico. Questo e’ un paese in cui o fai parte del sistema, oppure ne sei fuori. E non si parla di passaporto: qui per far parte del sistema bisogna essere geneticamente omologati, altrimenti si e’ gaijin, 外人, letteralmente “persone al di fuori“. Ho una collega che ha un bisnonno cinese: al lavoro la chiamano ancora “la cinese”. Eppure ha un nome e un cognome giapponesi, e’ nata in Giappone, i suoi genitori sono giapponesi – dico, avesse un singolo tratto somatico da cinese: invece no, cazzo, e’ 100% giappina! (ma per loro no).
E’ cosi’, cari lettori. Qui si sente parlare la gente di “korean blood” se uno ha antenati coreani, o di “half“ se uno ha un genitore o un nonno non giapponese. E non sono parole pronunciate da leghisti giapponesi, o da gente di estrema destra: no, queste sono le parole di uso comune, naturali, parte del costume, che senti pronunciare da qualsiasi persona. Quando guardi la tv coi giappi li senti commentare sempre sui personaggi famosi “he’s half”, “she’s got korean blood”. In Italia nessuno si sognerebbe mai di chiamare “straniera” Samantha De Grenet solo perche’ ha un cognome di origini francesi. Come nessuno si e’ mai sognato di dire a me che ho sangue francese per via del mio cognome (e comunque io al massimo il sangue francese potrei averlo sul paraurti della macchina, in caso).

2. Perche’ se e quando avro’ dei figli, non voglio farli crescere in una societa’ nella quale se sei maschio nasci per sottostare ad un’azienda, e se sei femmina nasci per sottostare ad un maschio. Perche’ non voglio che i miei figli da bambini vengano educati ad uniformarsi agli altri bambini, grigi nel grigio. Perche’ non voglio che a scuola gli venga insegnato a saltare la corda a tempo. Perche’ non voglio pagare decine di migliaia di euro per delle universita’ che non insegnano niente e sfornano casalinghe o salarymen.

3. Se vieni assunto dall’azienda all’uscita dell’universita’ sei un “dipendente”, altrimenti ti chiamano “part-time”. E’ una cosa che non sopporto e non sopportero’ mai: ti fa sentire una persona di serie B (e lo sei, ai loro occhi). Ma in generale, la concezione del lavoro dal punto giapponese e’ qualcosa di assolutamente inaccettabile dal mio punto di vista. Una soluzione sarebbe lavorare per un’azienda straniera a Tokyo, ma e’ una cosa praticamente impossibile nel mio campo (il ferroviario qui e’ dominato al 99.9% da aziende locali), e soprattutto mi darebbe l’idea di aver gettato la spugna e di essermi ghettizzato come gli altri gaijin.

4. Perche’ a Tokyo se non sei ricco sfondato ti senti come un bambino in un negozio di caramelle, solo che le caramelle costano tutte dall’euro in su e tu in tasca hai pochi spicci.

5. Per la situazione immobiliare. I lettori mi scuseranno per la banalita’, ma le case giapponesi hanno un mercato tutto particolare. Ovunque nel mondo le case aumentano di valore, mentre qui no: qui scendono. Questo perche’ in Giappone c’e’ una congiuntura tra mercato immobiliare stagnante, case di cartone che deperiscono facilmente e tradizione giapponese del rifiuto per le cose usate.
Inoltre, e’ vietato affittare la maggior parte degli appartamenti nei condominii. Avete capito bene: se compri un appartamento di nuova costruzione in un complesso residenziale, di regola puoi andarci a vivere solo tu: non lo puoi affittare. Non parliamo poi dei prezzi e dei mutui a 40 anni, come in Italia; e soprattutto, della qualita’ degli immobili, legnazzo e calcestruzzo prefabbricato fatti per superare i terremoti ma non vent’anni di vita. Insomma: comprare un appartamento qui in Giappone significa viverci dentro per il resto della vita, anno piu’ o anno meno. Capirete che la mia indole di viaggiatore rabbrividisce solo all’idea.
Per finire, ancora, come da altri punti precedenti: in Giappone se sei uno straniero chi lo sa se e a chi puoi rivendere, un giorno. E se un giorno una tua ipotetica moglie giappina decide di punto in bianco di vendere la tua casa a tua insaputa e fuggire a Cuba col maestro di salsa, sei sicuro che esista qualcuno o qualcosa che glielo possa impedire? Io ho paura di no.
Ah: e non venitemi a dire stronzate tipo “compra in Italia”: quale banca mi darebbe un mutuo in Italia se prendo lo stipendio in Giappone?

6. Perche’ in Giappone il tempo mi scivola tra le dita come sabbione in un cantiere edile, mentre io preferisco la betonata perche’ quella almeno la puoi tenere in mano. Non lo so quale sia la causa di tutto questo, ma qui la vita e’ cosi’ frenetica che vola via. Giorno dopo giorno, mese dopo mese. Chi mi conosce lo sa: io sono una persona dai mille interessi (poliedrici plurisfaccettati e a volte un po’ schizofrenici, diciamolo). In Australia riuscivo a gestire i test di un progetto a otto zeri, e contemporaneamente scrivere un romanzo, e contemporaneamente farmi il brevetto di sub o il corso di golf, e contemporaneamente andare a fighe. Qui a Tokyo lavoro, vado al pub o all’izakaya, esco, passano i mesi e nemmeno me ne accorgo. Faccio la vita del salaryman, fuori a bere coi colleghi, bevi fuma e niente sport. Dopo un anno e mezzo ho letto due romanzi, tra cui uno sottilissimo di Dick, roba che in Australia avrei divorato in qualche settimana. E soprattutto, mi guardo allo specchio e mi vedo invecchiato. E con la panzetta da birra.

7. Perche’ qui ho dieci giorni di ferie l’anno, compresa malattia, e io ‘sta cosa proprio non la sopporto. Perche’ appena arriva un giorno di festa nazionale non puoi andare da nessuna parte a meno che non spendi una fortuna e ti prepari a fare code infinite, perche’ come te ci sono altri 35.599.999 persone in movimento. Perche’ io sono un viaggiatore e dal Giappone non puoi viaggiare, per motivi geografici (da una parte hai un oceano, dall’altra Cina e Russia: sei lontano da tutto!), temporali (con dieci giorni di ferie l’anno dove cazzo vuoi andare?!) ed economici (per mettere il naso fuori da quest’isola devi prendere l’aereo, e durante festivita’ nazionali e periodi di ferie i prezzi raddoppiano. Ci vuole una fortuna per spostarsi da qui!).

8. Per la mia situazione lavorativa. Il mio campo qui in Giappone e’ composto bene o male da tre concorrenti principali, i quali da molti anni hanno siglato accordi per non rubarsi il personale a vicenda. In pratica, essendo stato assunto da una delle tre aziende, non potro’ mai essere assunto dalle altre. Il problema e’ che qui nella mia azienda non ho possibilita’ alcuna di far carriera come dico io, per motivi che ho spiegato abbondantemente in passato, tutte le volte in cui ho parlato della mancanza cronaca di meritocrazia e del fatto che i non-giapponesi non possono far carriera in aziende giapponesi.
Ora, raga: io ho trentacinque anni, ci sono paesi in cui posso essere un senior engineer e farmi la villozza e il biemmevvu’, mentre in questo sono un signor nessuno: voi cosa scegliereste, di stare qui a Tokyo solo per il piacere perverso di sbavare (non corrisposti) sulle giappine a Shibuya?

9. Perche’ il Giappone e’ una bella favoletta che ci accompagna nell’immaginario sin da quando siamo piccoli. Perche’ nella mia testa di bambino c’e’ un quartiere di Tokyo chiamato Tomobiki dove ogni sera un ragazzo arrapatissimo torna da scuola accompagnato dalla sua innamorata svolazzante; perche’ in cuor mio so che da qualche parte in questa citta’ c’e’ un parco giochi che si apre e da cui esce un Trider, o una piscina ai piedi del Fuji da cui esce un Mazinga. Ed e’ cosi’ che voglio ricordare il Giappone, come una specie di Paese delle Meraviglie. E’ cosi’ che voglio vederlo ogni volta che ci tornero’. Perche’ ci tornero’ costantemente, per il resto della vita, a ricordare a queste quattro rocce vulcaniche traballanti e radioattive quanto le amo, e quanto le ho sempre amate. E tornero’ a vivere non solo la notte di Roppongi e le serate ai ristoranti e ai pub piu’ belli del mondo: ma anche, e finalmente, tornero’ per vivere le magnifiche giornate di Shibuya, le mattine di sole sulla yamanote, e le passeggiate nella citta’ piu’ folle del pianeta. Tutte cose che non puo’ fare chiunque a Tokyo ci lavori.

Perché una cosa ho imparato: nella Metropoli Tentacolare o ci vivi, o ci lavori.



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