America, anni '70. Scott è un giovanissimo ragazzo che conosce per caso il celeberrimo pianista Liberace, adorato dal pubblico femminile e quindi costretto a ribadire continuamente la propria eterosessualità benché palesemente gay, che ne fa subito il proprio amante e lo installa in casa sua, riempendolo di attenzioni, regali e promesse. Ma col passare del tempo il divo rivela i propri lati oscuri.
RECENSIONE
Dopo il gelido e cerebrale Effetti collaterali Soderbergh cambia completamente materia e stile creando un film eccessivo, nel look e nel contenuto. Difficile fare altrimenti del resto se si vuole portare in scena la vita di Liberace, il più vistoso pianista di tutti i tempi, capace di rendere Kitsch ogni cosa che toccava: i propri spettacoli, le proprie ville e i propri amanti. E il film si concentra sui sei anni di relazione con Scott Thorson, quindi non si tratta di un biopic sul pianista, celebre in patria ma quasi sconosciuto da noi, bensì del racconto di una love story. Per gli occhi è un tripudio di colori e soprattutto del color oro, il materiale e la sfumatura preferita del ricchissimo Liberace, ma sotto quel luccichio si nasconde una storia d'amore tormentata, impari, in cui solo uno dei due tiene le fila. E questa volta, a differenza ad esempio di Magic Mike, il regista scava davvero nell'animo dei personaggi e rende tangibile il loro dolore grazie anche a due interpretazioni straordinarie: quelle di un ringiovanito, fragile Matt Damon e di un vizioso e disinibito Michael Douglas, che a quasi settanta anni offre probabilmente la migliore performance della sua fortunata carriera. Da segnalare anche alcuni comprimari: il tiratissimo Rob Lowe nei panni di un medico chirurgo e l'indimenticata protagonista di Cantando sotto la pioggia Debbie Reynolds, nei panni della madre di Liberace.