Worldbuilding,
questo sconosciuto
Il worldbuilding, ovvero la creazione del mondo fantastico in cui si svolgono le vostre opere, è una parte importantissima della scrittura di qualunque romanzo o racconto. È un lavoro che, di per sé, può essere lungo e faticoso, ma anche molto soddisfacente.
I metodi fondamentali di worldbuilding sono due: “dal grande al piccolo” e “dal piccolo al grande”, o, come mi piace chiamarli, il “metodo Tolkien” e il “metodo Howard”.
Il “metodo Tolkien”
J.R.R. Tolkien era un appassionato di worldbuilding; lo si vede da opere come Il Silmarillion, che altro non è che la storia del suo mondo fantastico, e dal livello di dettaglio maniacale delle sue opere.
Usare il metodo di Tolkien vuol dire iniziare creando una panoramica generale, scendere sempre più nel dettaglio e, solo alla fine, arrivare a quei frammenti di ambientazione in cui sono ambientate le storie: “dal grande al piccolo”, insomma.
È un metodo che può piacere a chi, pur scrittore di narrativa, ha una forte vena saggistica (scrivere un’ambientazione è come scrivere un saggio, in fondo) e a chi, a volte, ama sfogare la propria creatività in modo meno impegnativo rispetto alla narrativa.
Il suo vantaggio principale è che consente allo scrittore, una volta terminato il lavoro preliminare, di avere davanti a sé una panoramica completa e ricca di spunti tanto di trama quanto di colore. Lo svantaggio è che si tratta di un lavoro molto faticoso e lungo, che non tutti hanno la pazienza per attuare.
Il “metodo Howard”
Il nome di Robert E. Howard è meno conosciuto (soprattutto in Italia) di quello di Tolkien, ma basti sapere che il celebre Conan “il barbaro” è opera sua.
Howard, a differenza di Tolkien, non creò la Terra dell’Era Hyboriana prima di iniziare a scrivere i suoi racconti; quel mondo nacque pian piano, un racconto dopo l’altro, sviluppando spunti e idee nati durante la scrittura. Seguendo questo metodo “dal piccolo al grande”, la mappa del mondo fantastico (dove per “mappa” non si intende solo la geografia, ma anche cultura, storia, ecc) non è predeterminata, ma si sviluppa nel corso della scrittura stessa.
Se, da un lato, questo ha il vantaggio di liberare lo scrittore da buona parte del lavoro preparatorio e gli consente di buttarsi subito nella stesura dell’opera, dall’altro risulta in una scarsità di punti di riferimento che qualcuno può trovare disorientante. Non bisogna trascurare, però, il vantaggio che può essere dato da un worldbuilding in costante aggiornamento, alimentato dalle ispirazioni che nascono nel corso della scrittura: dopotutto, quale modo migliore per scrivere buoni sequel hook che creare un elemento del mondo fantastico “in corso d’opera” e segnarselo per dopo?
Ecco due mini-esempi di worldbuilding fatti seguendo rispettivamente l’uno e l’altro metodo:
Dal grande al piccolo: Decido che la mia storia sarà ambientata in un mondo dai toni vagamente medievali, ma dai colori sgargianti e luminosi dovuti a un uso diffuso della magia. Questa magia sarà privilegio esclusivo della nobiltà, che la eredita attraverso legami di sangue; avere figli illegittimi è considerato un crimine gravissimo e una legge non scritta prevede che questi ultimi siano eliminati, per evitare che il potere si diffonda in modo incontrollato o, peggio ancora, fra le caste inferiori.
La protagonista della mia storia sarà una nobile minore il cui compito è proprio questa sgradevole “eliminazione”; ma cosa succederà quando scoprirà che la vittima designata è il figlio di suo fratello e che quest’ultimo ama davvero lui e la donna con cui lo ha avuto?
Dal piccolo al grande: Ho in mente una storia narrata in prima persona da un ladro il quale si intrufola nella casa di qualcuno per rubare un oggetto prezioso. Decido che l’ambientazione sarà moderna, perché sono un po’ stanco di scrivere fantasy.
Mentre racconto di come il ladro oltrepassi i sistemi di sicurezza della casa, penso a cosa potrebbe essere il suo obiettivo: un gioiello? Un oggetto d’arte? Scelgo una statuina d’oro antica, direi egizia.
A un certo punto, mi viene l’idea di far catturare il ladro da un uomo della sicurezza, perché amo quando i miei personaggi sono colti di sorpresa; descrivo l’agguato, ma non voglio che il ladro sia catturato, dunque cerco di farmi venire un’idea e decido che il ladro guardi negli occhi la guardia e la convinca a lasciarlo passare. Così, senza colpo ferire, ho deciso che in questo mondo esistono i superpoteri. Più avanti potrei decidere che, in realtà, il ladro è stato lasciato entrare in casa per tendergli una trappola, al che dovrei decidere chi lo ha fatto e magari potrei creare un’organizzazione che raduna persone dotate di superpoteri per chissà quale scopo.
Ogni riga della storia contiene, in potenza, un dettaglio aggiunto al mondo.
Tre cose da ricordare
Qualunque metodo di worldbuilding seguiate, comunque, è fondamentale tenere presenti le tre caratteristiche di un’ambientazione ben fatta, ossia: realismo, plausibilità e coerenza.
La prima, il realismo, è la più semplice da spiegare: quello che esiste nel mondo reale deve funzionare come nel mondo reale, a meno che non ci sia una buona ragione perché non sia vero il contrario. Se una persona normale cade dal quinto piano di un palazzo, morirà o subirà gravi lesioni; se un poliziotto insegue qualcuno che rubato un pacchetto di caramelle, è difficile che per fermarlo gli spari; e così via.
Questo, naturalmente, non significa (anzi!) che non possiate inserire nei vostri mondi elementi fantastici; questi, però, devono essere plausibili, cioè interagire in modo sensato con tutto il resto. Nel caso in cui, per dire, nel vostro mondo i maghi possiedano il potere di controllare il tempo atmosferico, dovreste pensare agli effetti che questo potrebbe avere sull’agricoltura: sarebbe prospera, dal momento che il clima verrebbe tenuto sotto controllo? Ci sarebbero maghi criminali che ricattano intere comunità, chiedendo una sorta di “pizzo” per non rovinare i raccolti? Quali sarebbero le conseguenze di tutto ciò sull’economia? Sono tutte cose da tenere in considerazione, perché fare altrimenti vorrebbe dire creare un mondo sconclusionato e poco credibile.
Il terzo elemento, forse il più importante per un mondo fantastico ben congegnato, è la coerenza. Sembra una banalità, ma se la forma di governo di una data regione è la dittatura, ci deve essere un despota dal pugno di ferro; non è possibile che la gente si comporti come se vivesse nella più liberale delle repubbliche, salvo lanciare l’occasionale lamentela per far capire all’eroe dove deve andare a bussare. Un mondo fantastico è una realtà complessa e ha bisogno di grande attenzione ai dettagli, per evitare che tutto si riduca a un guazzabuglio di elementi scollegati fra di loro.
Sintetizzando: una volta scelta la modalità di worldbuilding che preferite, dovete stare attenti a rispettare i criteri del realismo, della plausibilità e della coerenza. Fare ciò non vi garantirà la pubblicazione e il successo, ma senza dubbio sarà un ottimo punto di partenza.
Autore articolo: Bakakura
Bakakura si atteggia a conoscitore della narrativa, ma sotto sotto è solo un pessimo essere umano. Quando non è impegnato a scrivere per SL o a delirare sul suo blog personale (http://neyven.com/), traduce o corregge romanzacci erotici e legge ogni cosa, dagli shojo manga ai manuali per cecchini. Vive nella ridente metropoli di Brescia, tra una fabbrica di tondini e un clan di cacciatori di frodo.
- Web |
- More Posts (9)