Diffidare delle Smart Cities tarocche

Creato il 16 ottobre 2012 da Pinobruno

Di open data tarocchi ho già parlato qualche giorno fa, citando quale dovrebbe essere il modello a cui ispirarsi per non vendere fumo ai cittadini. Ora, c’è un altro fantasma che si aggira per l’Italia: le smart cities. C’è sempre un’elezione alle porte, e gli amministratori locali, per farsi belli, hanno deciso di cavalcare anche quest’onda. Open data e smart cities fanno fico, sono trendy, spacciare balle su questi temi può aiutare a intercettare i voti dei cittadini digitali, più smaliziati e aperti all’innovazione  E allora, metto le paline alle fermate degli autobus per far sapere quando arriva il prossimo numero 12 e divento smart city. Faccio innalzare due lampioni con i led, ne telecomando l’accensione e divento smart city. Attivo una rete wireless che copre un isolato e divento smart city. Metto le biciclette in una rastrelliera, faccio bike sharing e divento smart city. Se poi il servizio funziona davvero un mese dopo il taglio del nastro chissenefrega. Tanto ho già fatto la conferenza stampa in cui ho proclamato la mia smart city. Quale giornalista andrà poi a verificare se tutto va bene?

E no, cari amministratori pubblici. Per diventare smart city bisogna pedalare sul serio, fare un piano strategico, rispettare precisi paramenti, indicati tra l’altro dal portale che l’Unione Europea ha messo a disposizione di tutti, con tanto di classifiche, ranking, algoritmi. Il modello è questo:

Dunque Smart Economy, Smart Mobility, Smart Governance, Smart Environment, Smart Living, Smart People. Non uno o due parametri da soddisfare, ma tutti e sei. Cliccate (dal sito originale) su ogni singolo bottone e leggete di cosa si tratta.

Scoprirete che per mettersi bene in vista la patacca di amministratore di smart city ci vuole ben altro che una palina da autobus.

Diffidare di cialtroni e venditori di tarocchi.

Risorse:

per approfondire, c’è la bella rubrica Smart city, la città intelligente di Mario Melis su Radio24 – Il Sole 24 Ore;

questo link a Wikipedia;

questo portale promosso dall’Unione Europea;

l’analisi del Massachusetts Institute of Technology;

questo interessante articolo di Wired sul “linguaggio” delle smart cities.