Fare rete. Le parole d’ordine sono integrazione e collaborazione, in nome di una società coesa che trovi nei confini geografici dei diversi Paesi un elemento di arricchimento piuttosto che una barriera invalicabile.
Stiamo parlando del Cesie (Centro Studi ed Iniziative Europeo), il cui motto -non a caso- è “il Mondo è un’unica creatura”, proprio a sottolineare come unire sia di gran lunga meglio che dividere. Ispirato ai principi innovativi della maieutica reciproca sostenuti dal sociologo Danilo Dolci, il centro studi ha all’attivo oltre 100 progetti, tutti con il fine dell’integrazione e dello sviluppo interculturale. Vivaitaliani si è soffermato sull’iniziativa dal pollice verde denominata Digging Deep, che consiste nella creazione di un orto urbano a Palermo dove, a coltivare la terra, sono i giovani immigrati con non più di trent’anni insieme a ragazzi provenienti da diverse latitudini del globo, e più precisamente dalla Slovenia per quel che concerne l’Europa, e dall’Africa e Asia.
A spiegarci il progetto nel dettaglio sono Alberto Biondo e Marie Marzloff.
“Digging Deep è il risultato di due progetti precedenti, il primo incentrato sull’arte frutto del riutilizzo di oggetti di riciclo, il secondo –Eat Smart- sulla cucina mediterranea vista non solo come modello esemplare di alimentazione, ma anche come denominatore comune della varie culture del Mediterraneo. L’idea è stata quella di lavorare con i cuochi dei diversi territori e far riscoprire loro le tradizioni culinarie che purtroppo stanno cadendo nell’oblio. Il percorso si è concluso con un evento a Palermo dove sono stati presentati i documentari realizzati durante questo percorso gastronomico e si sono tenuti dei veri e propri laboratori di cucina in cui sperimentare le ricette della tradizione”.
Dall’arte passando per la cucina si arriva all’orto urbano. In che modo?
“Tutto nasce dall’esigenza di capire da dove arriva quello che cuciniamo e mangiamo per favorire lo sviluppo di una maggiore consapevolezza sulla produzione del cibo e incoraggiare l’approccio ad un’esistenza sostenibile. Si parte dunque dall’origine della filiera: la terra in cui nascono le pietanze che mettiamo in tavola. Quella dell’orto urbano è una pratica antica che affonda le sue radici già intorno all’800, dove venivano destinati alla coltivazione gli appezzamenti subito fuori dalle città. Questa pratica, oltre a riportare l’uomo a contatto con la natura, favorisce la socializzazione e la creazione di rapporti interpersonali. Quest’esperienza quindi, oltre ad insegnare la coltivazione vera e propria delle piante presenti nell’orto, consentirà ai partecipanti di acquisire -attraverso un sistema di educazione non formale- delle capacità utili non solo in campo professionale ma anche nella vita stessa”.
Fisicamente dove verrà collocato quest’orto?
"Con grande probabilità al Codifas, il Consorzio di difesa dell’agricoltura urbana".
Chi potrà dedicarsi alla coltivazione dei prodotti?
“Tutti. I ragazzi le cui candidature sono già state selezionate dovranno coordinare i lavori e saranno dunque i responsabili, ma l’orto è aperto a tutti e chiunque ne abbia voglia potrà mettere le mani nella terra”.
Digging Deep: al via il progetto per l'orto urbano del Cesie