DIGRESSIONE DA TIFFANY -in preda al delirium tremens-

Da Miwako

A Firenze c'è uno dei tre rivenditori Tiffany d'Italia. Non lo sapevo ma ora lo so. E ora che lo so cambia tutto, posso finalmente realizzare la mia versione di "Colazione da Tiffany",in cui Audrey Hepburn è alta un mt.80 e pesa quasi 60 kg, ed ha lineamenti più vicini alla figlia di una badante russa, piuttosto che quelli di un'icona del cinema, bella in modo quasi imbarazzante! In questo remake, Holly non vive sola insieme a Gatto, ma condivide con tre ragazzi un sudicio appartamento studentesco, Non è "in transito", ma "un trans", non canta "Moon River" ma "I will survive", accanto a lei non c'è uno scrittore squattrinato, ma un nevrotico stilista in erba. So che non sembra molto promettente, ma in qualche modo, seppur contorto, devo allacciare la trama del mitico film alla mia vita, molto meno mitica!
E ora, dopo questa rosea premessa, immaginate: Suona la sveglia, mentre io dormo con la mascherina sugli occhi, mi alzo e, dimenticandomi di togliere la mascherina, inciampo su ogni cosa possibile imprecando in sei lingue diverse e, finalmente, arrivo alla sveglia. Faccio una doccia veloce, ma invece che uscirne rigenerata e linda, ne esco che sembro una prostituta di un bordello il giorno dopo una intensa notte di lavoro, col mascara che la sera precedente non avevo insistito a togliere che nel frattempo, aiutato dall'acqua, è colato fino al mento, conferendomi una bellissima cera grigiastra! E' il momento di vestirsi, Audrey è pronta in un attimo, sceglie scarpe e vestiti quasi distrattamente, si acconcia con una nonchalanche e perfezione che lasciano di stucco e si agghinda collo e lobi con una SEMPLICISSIMA parure di diamanti che indossa con la stessa spensieratezza con cui io indosso collane di caramelle zuccherate. Io sono bloccata davanti all'armadio, indecisa tra il mio preziosissimo little black dress H&M, e il mini abito fiorito comprato al negozio dell'usato; opto per il secondo, se non altro il vintage mi dà un'aria chic che, probabilmente, l'altro non mi darebbe, solo per il fatto di essere stato indossato da qualcuno che ora, con tutta probabilità, è defunto! Al collo la collana con la vecchia chiave del mio cassettone, per lo stesso motivo citato sopra, quel che di bohemien non guasta mai Raccolgo i capelli in uno pseudo-chihgnon disordinato, ma l'effetto bon ton è neutralizzato dalla mia incapacità, che mi avvicina pericolosamente alla signorina Rottermeier piuttosto che a Miss. Golightly.Infine, trucco pesantemente gli occhi di nero, infilo stivali e borsa della nonna(proprio della mia!) ed esco di casa. Dimenticavo, piccolo ma non trascurabile particolare: i guanti, per l'occasione ne ho comprati un paio neri fino al gomito,li indosso e mi dirigo verso Tiffany&Co. A metà strada circa, inizia a piovere -ovviamente-, ed io sono senza ombrello -ovviamente-. Per fortuna gli antichi cornicioni di Firenze, sono particolarmente sporgenti, perciò riesco comunque a ripararmi. Dalla pioggia. Non da tutta l'acqua in cui una persona può imbattersi, e per l'appunto, metto un piede in una pozzanghera. Piove da troppo poco perchè fosse acqua piovana e, visto il colore, credo si trattasse dell'acqua con cui hanno lavato i bagni del Mc.Donald's. Prima di proseguire decido di immergere anche l'altro piede nella "pozzanghera", se non altro saranno uguali! I miei stivaletti ora sembrano i cosciali dei vongolari di Chioggia, un rumore viscido esce dai miei piedi ad ogni passo ma non fa niente, mi convinco che lo stile è più un'aura che ti avvolge, che non qualcosa di visibile, di estetico. Sono vicina a Piazza Santa Trinita, quasi alla meta, vedo un piccolo cafè, decido di fermarmi a prendere una colazione da asporto da fare proprio davanti alla vetrina di Tiffany, cappuccino e maritozzo take away; pago ed esco,riprendo la strada ed eccolo li, Tiffany&Co, splendente e luminoso come niente mi è mai apparso in vita mia.
Mi avvicino con passo solenne, come se mi trovassi in prossimità di qualcosa di miracoloso,sacro, sorseggio piano il cappuccino, ma rendendomi conto che ho solo due mani e che per mangiare un maritozzo in piedi davanti alla vetrina mi servono entrambe, decido di finire il cappuccino in una sorsata e a causa dell'estasi mistica, del diabete emozionale procuratomi dalla vista di siffatti diamanti, commetto l'imprudenza di non pensare che probabilmente sarà come bere lava, quindi lo ingollo avidamente,e quando mi accorgo che ha la temperatura adatta alla fusione dell'oro, è troppo tardi, la mia trachea è irrimediabilmente lesionata! Istintivamente lo sputo fuori, cercando subito di trattenermi; un po'di cappuccino finisce sullo stivale sinistro ed io, dopo essermi guardata un po'intorno, decido per l'aex equo: sputo anche sull'altro. A quel punto alzo gli occhi, molto lentamente, sperando che i commessi non mi abbiano visto...sembra di no, perciò agguanto il maritozzo con la panna e, finalmente do il primo morso. Anche se il 70% della sesnibilità della mia bocca se n'è andato pochi minuti fa non importa, sto facendo colazione da Tiffany e finalmente mi sento Audrey. Mentre mangio, guardo ammirata i solitari, i bracciali, le parure di collane e orecchini e poi mi sorge spontaneo un pensiero:" Oh mio Dio, ma è possibile che ci sia davvero gente disposta a spendere 32000.00€ per un bracciale?", ma scaccio subito il pensiero, davanti a Tiffany è come bestemmiare.Vengo ridestata dai miei pensieri da un sordido "poff", penso "Cazzo!!!", ma opto per un più sobrio "Corbezzoli!", la panna del maritozzo è strabordata causa morso inconsulto, e si è schiantata sul mio guanto di raso lucido, così molto signorilmente, lo lecco, e mentre mi ritrovo in bocca il dito della vergogna, noto che una delle commesse mi sta osservando indignata al di là del vetro. Abbozzo un sorriso impacciato ma lei distoglie lo sguardo. Per un attimo sono tentata di andarmene, considerando che vista da fuori, in questo momento sono molto più simile a Kelly Osbourne che a Audrey Hepburn. Ma poi penso :"No, sono arrivata fin qui ed io entrerò!". Finisco il maritozzo ed entro, la commessa di prima mi guarda con un misto di pietà e disgusto, ma io non demordo, sfodero il più sicuro dei miei sorrisi e mi rivolgo proprio a lei! Dopo avermi squadrata dalla testa ai piedi per tre minuti buoni, si degna di rispondermi, ostentando ovviamente quell'aria di sufficienza che solo chi ha -o pensa di avere- un lavoro di prestigio può ostentare; mi chiede come può aiutarmi (il tra-le-righe è "non è un negozio dei pegni nè una pesca di beneficienza, perciò non vedo come io possa aiutarti"), le rispondo sicura " Orecchini", lei mi invita -non tanto- gentilmente ad avvicinarmi ad una teca di vetro grande quanto il tavolo della mia cucina e nel frattempo mi chiede se cerco qualcosa in particolare. I miei occhi sono lucidi e quasi lacrimanti per la commozione, dopo aver rimirato per bene ogni singolo bagliore in quella vetrina, ne indico un paio, semplicissimi, due piccoli cuori recanti la scritta "PLEASE RETURN TO TIFFANY&CO, NEW YORK"; la commessa alza un sopracciglio incredula e apre la vetrina, io intanto mi perdo nei miei pensieri e inizio a fantasticare, immaginando il momento in cui quei due piccolini saranno ai miei lobi , quanto saranno fini, quanto sarò aggraziata... Ritorno alla realtà quando vengo praticamente accecata da uno scintillio indescrivibile, la voce della commessa parla ma io non la sento più, vedo solo quelle due patacche incredibili tutte tempestate di diamanti -di tiffany, si ma pur sempre due patacche!- che la signorina mi ha schiantato sul tavolo. Stavano proprio accanto ai miei cuoricini, perciò credo che la suddetta abbia -intenzionalmente- sbagliato. Quindi le dico "Mi scusi SIGNORA, (grave errore) mi riferivo ai cuori...", e mentre lo dico appoggio un dito sul vetro per indicarli, altro grave errore perchè, quando lo tolgo, mi accorgo che una macchia bianca ha preso il posto della mia falange: è il maritozzo del disonore, la panna malefica che si è annidata nei miei guanti per poi poggiarsi dove non doveva, sulla vetrina di Tiffany!!!! La commessa mi guarda perplessa, così indignata e schifata che mi sembra quasi di sentire ciò che pensa; mi guarda gelida, e fulminea mi dice" Mi dispiace signorina, quelli li abbiamo venduti, verranno proprio questa sera a ritirarli. La prego di ripassare la settimana prossima". Senza fiatare, con un sorriso così finto che sento tirare tutta la faccia, la ringrazio e la saluto a fatica mentre mi allontano, esco in strada e faccio un respiro, mi ritrovo nel mondo reale, senza i miei Tiffany, senza il peso dell'oro a decidere il mio valore, senza il luccichio dei diamanti... Mi sento così triste che decido di rimediare con un maritozzo bis e una cioccolata calda... Camminando verso il cafè di poco prima ripenso a quella commessa e all'improvviso, l'illuminazione, e, scusatemi ma è il caso di dirlo, sono stati i diamanti a illuminarmi! In fondo, che me ne frega? La prossima settimana tornerò e lei sarà costretta a vendermeli, anche se mi presentassi con la panna spalmata su tutta la faccia, anche se la costringessi a mostrarmi ogni singolo gingillo presente in quel negozio sapendo perfettamente che comprerei quelli, anche se per tre volte facessi la stessa identica scena, lei sarebbe costretta ad essere gentile e a vendermeli: sono io che pago il tuo stipendio cara! Felice e consapevole del mio delirio di onnipotenza ingiustificato, mangio il secondo maritozzo con una gioia indicibile, con incommensurabile beatitudine, pensando a quei piccoli Tiffany che tra una settimana irradieranno il mio viso.
Ecco com'è la mia versione di "Colazione da Tiffany"; sicuramente poco chic e per nulla fedele all'originale, ma dovete ammetterlo, molto più divertente!

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