Ringraziate i ragazzi di Democrazia in Movimento, in particolare quelli che militano nel gruppo Facebook “SOLO 5 STELLE”. E’ solo per merito loro che oggi torno a scrivere in questo blog che, tristemente, stavo dimenticando nei meandri della rete. Togliamo qualche ragnatela di troppo da questo pannello di amministrazione WordPress degli amici di Noblogs, quindi, ed iniziamo ad esprimere pensieri in maniera sequenziale.
Non intendo star qui a criticare un testo che sicuramente nessuno di voi si prenderà la briga di leggere, c’è chi l’ha fatto al posto mio nell’Assemblea Permanente del PP-IT e non penso nemmeno sia il luogo adeguato. Quello che intendo fare è invece proporvi una pappardella poco amichevole sul ruolo dei sistemi democratici all’interno delle comunità politiche di persone e sui rapporti tra queste ultime.
Punto 1. Io considero la democrazia liquida / diretta / online / fisica un mezzo, per giunta poco versatile e decisamente poco produttivo in determinati contesti, non certo un fine. E non vedo come possa essere altrimenti, sinceramente, considerando che ciò che fa la forza di un partito politico sono i contenuti (indipendentemente da come vengono sintetizzati). Ne consegue che sono stato costretto recentemente a scontrarmi, e mi sono trattenuto molto dall’offendere, diverse figure online che hanno scelto di anteporre un metodo ad un obiettivo: tra queste, anche alcuni sottoscrittori del documento sopra citato che ha scelto come “minimo comune denominatore” per aggregare diverse forze proprio questo punto. #senseless
Punto 2. In virtù di quanto appena detto, mi sento di condividere il pensiero riportato agli amici dall’autore di Vilfredo goes to Athens, Pietro Speroni, che spero non se la prenda se estraggo qualche concetto importante riassumendo e purtroppo macellando un po’ il (comunque interessantissimo) poema che aveva inizialmente proposto in merito appunto all’evento di domenica scorsa. Leggo:
Di base c’erano due tipi di persone. Quelli che volevano fare battaglie politiche e usavano la Democrazia Diretta (o partecipata) per portare avanti le loro battaglie politiche. E quelli che volevano la democrazia diretta o partecipata e volevano che il processo decidesse il programma. TUTTI quelli che voi sentite parlare, TUTTI quelli che sono stati intervistati sono rappresentanti del primo gruppo. [cut] Avranno un programma, avranno un metodo. Diranno di essere a favore della democrazia dal basso e partecipata. Finché le persone che consultano si limitano a fare proposte ornamentali. Ma aspettate che ci sia da decidere qualche cosa di fondamentale. [cut] Bisogna cominciare dal metodo e non partire finché quello non é definito. [cut] Ma non lo faranno.
In pratica la visione Speroniana dell’evento contrappone un comportamento filo-grillino del concetto di democrazia online ad una visione bottom-up del fenomeno. In entrambi i casi non posso esimermi dal pensare negativamente, della prima ricetta abbiamo già potuto raccogliere i frutti (marci) mentre la seconda, come già scrissi, dal mio punto di vista resta una piacevole utopia.
Piacevole utopia che il Partito Pirata nella nostra nazione ha provato ad inseguire e col quale si trova a scontrarsi ogni giorno. Ad eccezione delle tematiche core illustrate nello statuto e di pochi, semplici, paletti… beh, viene definita la piattaforma ed è effettivamente quella a costruire il programma. Male, questo è vero, ma nella perenne ricerca del miglioramento. Ed è proprio qui che provo a riagganciarmi per arrivare al prossimo pensiero made in Lanta.
Punto 3. La famosa “Carta d’intenti” iniziale della quale parlavamo all’inizio vorrebbe creare, scadenza Settembre, una sorta di entità politica non meglio definita nella quale confluiscano DiM, Partito Pirata, Rete dei Cittadini ed altra gente random meglio se famosa a fini marketing. Potrebbe essere una Federazione, un vero e proprio Partito, una semplice collaborazione a fini elettorali… nulla di concreto, tutto da definire. Eppure intanto questa gente, riunitasi nella capitale, ha avuto la brillante idea di far firmare alle varie entità questo documento decisamente molto vincolante – mi ricorda un contratto – che, per assurdo, avrebbe la facoltà di bypassare la volontà delle singole Associazioni in favore di una altrettanto non meglio specificata forma di Democrazia Diretta, carente sotto troppi punti di vista, o ancor peggio a piccoli gruppi di lavoro territoriali. La cosa ironica è che il PP-IT deve ancora esprimersi in merito, ma già alcuni gruppi territoriali (sì, Romani, parlo con voi!) iniziano a fare brainstorming e/o a spararsi pippe mentali sulla cosa. Ebbene NO, io non ci sto. Se altra gente vuole giocare a fare il piccolo rivoluzionario anarchico di estrema sinistra, cazzi suoi.
Questa cosa è da digerire e rigettare in maniera brutale, da abortire prima che si trasformi irrimediabilmente in un mostro democratico tentacolare a 2/3 teste. Non s’ha da fare. Ma soprattutto, sarò cattivo e me ne dispiaccio, io non collaboro con gente che ha preferito fondarsi il suo partitito facendo copia-incolla dello statuto del Partito Pirata (confrontare 1 e 2 per credere) ed inserendoci a caso qualche elemento totalitario vecchia-politica, nonché vanificando il lavoro di beta-testing da noi fatto reintroducendo problemi di dominanza degli attivi e estroversi. A me piace che la gente apprezzi e copi, ma il risultato a volte mi rattrista. Voglio essere esplicito e diretto: cosa ha impedito a questi personaggi di essere Pirati? Le possibilità sono 2:
- non condividono le nostre tematiche core su brevetti, copyright, open-source e trasparenza (e ne dubito fortemente)
- rientrano nella prima categoria del pensiero Speroniano (punto 2 del post) e cercano ora fingendosi amici, forse ingenuamente in buona fede, di fagocitarci
Per chi non ci arrivasse ad esclusione, non è una bella cosa. Voglio chiudere con un’ultima citazione, volutamente separata dalla precedente:
Per quanto mi riguarda il primo gruppo sta facendo lo stesso errore di Grillo, solo ad un altro livello. Hanno sostituito un leader, con un gruppo dirigente. Ma fondamentalmente è la stessa pizza.
(e da qui, il titolo)