E sono convinta che, con le sue dimissioni, si dia il via ad un’epoca nuova della Chiesa in cui, il papa, vescovo di Roma, non deve più essere tale fino alla morte.
La sua è una nomina, sia pure definita una “chiamata dello Spirito Santo”, ma è una nomina di un vescovo a vescovo di Roma, con tutti i poteri che ciò comporta. E’ un incarico nominale, non è una consacrazione a vita, a cui si può ed, in certe condizioni, si deve rinunciare. E’ come essere nominati capo di un governo.
Pensare per esempio ad un papa con l’Alzheimer o peggio ancora, agonizzante per anni, durante i quali comanderebbero le corti vaticane, sarebbe ancora peggio di un papa dimissionario. Soprattutto nei tempi degli anni a venire. Dopo duemila anni le cose possono anche cambiare.
Quindi ben venga questa novità per dare un’aria nuova alla Chiesa.
La vecchiaia e forse la malattia lo hanno indebolito e ad affrontare i problemi del mondo moderno, è meglio che ci sia chi ha spalle più giovani, con una idea di governo della Chiesa che non sia legata al medioevo.
Andare contro corrente è sempre difficile e ci vuole coraggio.
L’ultimo papa che rinunciò al trono papale fu Celestino V, nel 1294. Non andò mai a Roma, Dante collocò questo vecchio papa eremita nell’anticamera dell’Inferno, tra gli ignavi. Ma Dante viveva nel medioevo. La Chiesa di oggi, ne dovrebbe finalmente uscire.