Di Pietro Giunti
Si conclude dopo poco più di due anni l’esperienza di Ignazio Marino in Campidoglio. Il time out dell’amministrazione comunale si è concretizzato con le dimissioni (forzate) del sindaco di Roma. Nonostante una resistenza a oltranza durata quasi dodici ore, il chirurgo ha dovuto prendere atto della realtà e fare un passo indietro per non essere sfiduciato in aula. La regia del ribaltone, diretta da Palazzo Chigi, ha fatto il resto. Matteo Renzi, aveva informato in mattinata Orfini della decisione: “Marino se ne deve andare”. L’indagine della Procura di Roma, sulle spese di rappresentanza ingiustificate, è stato solo un assist per accelerare i tempi di una conclusione a tratti scontata.
Il ruolo di Matteo Renzi
Il silenzio di queste ore del premier sulla cacciata di Marino è eloquente. Renzi non ha mai nascosto il suo giudizio critico nei confronti dell’operato del marziano arrivato in bicicletta, tanto da affiancargli a mo’ di tutor il prefetto Franco Gabrielli. Ed è stato lo stesso ex sindaco a rimarcare tra le rime tale frattura nel suo messaggio di resa: “Il mio lavoro ha avuto spettatori pochi attenti, soprattutto coloro che avrebbero dovuto sostenere questa esperienza senza se e senza ma”. Tra scelte rivoluzionarie (il deciso sostegno alle unione omosessuali) e gaffe clamorose (dalla panda rossa in sosta vietata, al viaggio negli Usa al seguito del Papa indispettito), Marino ha superato brillantemente il momento più basso della storia di Roma.
Il terremoto in Campidoglio
Lo tsunami di Mafia Capitale ha travolto tutto e tutti. L’inchiesta ha portato alla luce il sottobosco mafioso politico imprenditoriale che da anni amministrava la città di Roma. Numerosi esponenti politici sono finiti dietro le sbarre per aver avuto un ruolo attivo all’interno della gigantesca piovra. Il Campidoglio si è trasformato in un teatro di retate delle forze dell’ordine. Sin dal principio dei fatti, Marino ci ha messo la faccia difendendo quel poco di buono che c’era dentro il Palazzo. La sua estraneità allo scandalo ha contribuito a farne un simbolo di integrità politica. Un’eccezione mal digerita proprio da quei partiti coinvolti dal ciclone di Mafia Capitale. È da allora che il chirurgo è rimasto solo, con il PD nell’ombra a guidare il gruppo dei suoi detrattori.
Le reazioni dalla Piazza
Partito Democratico, Sel, M5S, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Ncd, Forza Nuova, si sono ritrovati tutti insieme a brindare alle dimissioni di Marino. Resta da capire se il nome del successore arriverà dal governo (un commissario) o dalle urne. Con il Giubileo alle porte, la prima ipotesi sembrerebbe quella più accreditata. In piazza del Campidoglio hanno fatto sentire la loro voce anche i sostenitori dell’ex sindaco. “Vogliono la testa di Marino perché è l’unico che ha saputo tenere testa ai corrotti del Palazzo” ha attaccato Paolo, uno studente della Sapienza. “Senza Marino riprenderanno gli affari loschi dei partiti” ha rilanciato Roberta, sua compagna di facoltà. A esultare dopo l’annuncio delle dimissioni Marco, simpatizzante del M5S: “Si volta pagina, è finita per il PD e per Renzi”. Un clima da campagna elettorale, un giorno che in pochi dimenticheranno.
Fonte: Blasting News Italia