Di ritorno dal paesello, che poi paesello non è per numero di abitanti, ma che è peggio per molti altri motivi ai quali, prima o poi, dedicherò un intero capitolo di scritti ma che ora tengo in stand by. Un posto per raggiungere il quale, se sbagli orario, puoi anche viaggiare alla media di venti all’ora per 200 chilometri, partendo da qui. E quando pensi di essere arrivato, c’è l’ultimo pezzo di strada litoranea in cui la coda è ferma, perché c’è anche il traffico locale. E quando hai superato quello che speravi fosse l’ultimo livello ecco la vera sfida finale, il parcheggio, perché oltre il traffico locale ci sono gli abitanti che usano l’auto anche per muoversi di un paio di isolati. E i parcheggi che lasciano per muoversi di un paio di isolati sono presi immediatamente dal traffico locale che era pronto, lì, in seconda fila. Per i ritardatari solo giri a vuoto. Poi tutti in marcia, con l’asciugamano sulla spalla, per fare il bagno con le navi mercantili che ti fanno ciao ciao al largo. E ogni volta mi chiedo il perché di tutto questo. Perché si sopporti la coda e un’accoglienza tra le peggiori del mondo per stendersi sul terriccio spacciato per sabbia, i più benestanti anche pagando profumatamente l’ingresso in stabilimenti con concessioni scandalose, per vedersi le navi mercantili che ti fanno ciao ciao davanti. Io deciso che non voglio fare più il bagno lì, e già ho smesso, e che non voglio andare mai più, a questo ci sto lavorando. Intanto preparo il libro dei perché. Ho già pronta la copertina.
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