Non hanno un corpo e non sono dotati di intelligenza, ma sono pur sempre alieni sulla Terra. A sostenerne la presenza sul nostro pianeta è uno scienziato di fama mondiale. Si tratta di microrganismi extraterrestri fossili individuati all’interno di un meteorite scoperto in Sri Lanka. E costitiscono la prova che nel cosmo, attorno a noi, esistono altre forme di vita.
LA PROVA DI VITA ALIENA SCOPERTA NEL METEORITE DELLO SRI LANKA
A fare l’annuncio é stato uno dei più importanti ricercatori al mondo in materia di astrobiologia , ovvero Chandra Wickramasinghe, in un articolo appena pubblicato sul Giornale di Cosmologia e dal titolo:”Diatomee fossili in un nuovo meteorite carbonaceo”. Il noto professore dirige il centro di Astrobiologia dell’Università di Buckingham in Gran Bretagna.
Insieme al suo team, ha analizzato questo reperto proveniente dallo spazio trovandone all’interno microstrutture e caratteristiche morfologiche di una ampia classe di diatomee- alghe unicellulari, di dimensioni nell’ordine dei micron. L’articolo sostiene che la presenza di questi microrganismi in un qualsiasi ambiente extraterrestre costituisce una prova biologica inequivocabile. In altre parole, dimostra senza possibilità di dubbio che la vita esiste al di fuori della Terra.
Wickramasinghe vedrebbe così confermata la teoria che propone da molti anni, sviluppata insieme all’astronomo Sir Fred Hoyle (ora scomparso) e che prende il nome di Panspermia. In sostanza, si ipotizza che i semi della vita (nella forma di batteri e organismi unicellulari) viaggino su comete ed asteroidi e che così si diffondano per tutto l’Universo.
LA RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DELLA TEORIA DELLA PANSPERMIA
“Possiamo concludere che l’individuazione di diatomee fossili nel meteorite trovato a Polonnaruwa è assolutamente certa ed incontestabile. Dal momento che si ritiene che questa roccia sia un frammento proveniente da una cometa, vengono dimostrate sia l’idea che la vita microbica si sposti a bordo di comete sia l’intera teoria della Panspermia “, ha scritto il professore nel suo articolo.
Un’affermazione netta e risoluta che non ha trovato grande seguito nel mondo accademico, anzi: ha sollevato più critiche che condivisione. Basti pensare a quanto ha scritto l’astronomo Phil Plait su una rivista scientifica, sparando a zero sull’illustre collega e accusandolo quasi di alterare volutamente i risultati delle sue ricerche.