Dio è nato donna, e questa volta a dirlo è un uomo

Creato il 21 febbraio 2013 da Femina_versi @MicaelaTweets

di Micaela Balìce

per Associazione Laima
in occasione del Convegno Internazionale Culture Indigene di Pace 2013 dove Rodriguez sarà ospite.

Cominciano ad essere molte le opere sul femminile sacro (anche in Italia) dove si sviluppano tesi antropologiche ed archeologiche su un passato nel quale anche il femminile aveva un ruolo all’interno del pantheon del divino, e sicuramente molte di queste ricerche nascono da lavori di studiose donne.

Ben più rari sono i contributi maschili, benché non manchino, ed in questi si può apprezzare un atteggiamento obbiettivo ed un approccio scientifico.
Tra i contributi che meritano attenzione, a mio avviso, si colloca il lavoro di Rodriguez, pubblicato in Spagna nel 1999 ed un anno dopo in Italia da Editori Riuniti.

Dio è nato donna (titolo che è stato fortunatamente tradotto in modo letterale, senza italici sotterfugi per non scandalizzare) è una ricerca approfondita ed accurata sulla storia dell’idea di divino e sulla sua realizzazione all’interno delle culture del bacino del Mediterraneo in relazione alla formazione (e al cambiamento) dei ruoli sessuali all’interno delle stesse.

Rodriguez ci conduce correttamente in questo viaggio facendoci partire proprio dall’inizio dei tempi: coi primi ominidi (all’incirca 2 milioni di anni fa) e con la loro ancora oggi misteriosa e magica storia evolutiva.

In una lunga, a tratti anche complessa, prima parte, Rodriguez racconta le ragioni che portarono gli uomini a creare gli dèi a propria immagine e somiglianza, come sottolinea nel titolo, chiedendosi che faceva Dio mentre l’essere umano, durante la sua evoluzione, se la doveva cavare completamente da solo per “creare” se stesso (capitolo primo).

Se si pensa che l’arcivescovo Ussher nel XVII secolo concluse che la creazione ebbe luogo con tutta esattezza nel 4004 a.C. (teoria che influenza ancora oggi le correnti creazioniste americane) si può comprendere come la Genesi biblica raccolga in poche righe un passaggio che comprende milioni di anni.

In questo gap non solo si svilupparono la terra e gli esseri viventi ma l’umanità stessa passò da uno stadio animale ad uno molto più complesso che presenta ancora oggi molti punti irrisolti: passaggio che le consentì di alzarsi in piedi, creare oggetti, utilizzare l’ambiente circostante, di riflettere su se stessa, di riconoscere la morte e quindi anche la vita, di tentare il controllo del caso ideando il divino.

Paradossalmente in quel lontano tempo che non porta neppure la dignità di un’epoca storica ma viene relegato ad un pre- e che include tutto ciò che ci ha reso umani, le comunità svilupparono società egualitarie strutturate attorno ad un monoteismo al femminile, ovvero al Culto della Grande Dea o Grande Madre come gli/le studios* lo hanno chiamato.
Tale monoteismo ebbe una durata insospettabile di oltre 20.000 anni, dato che fa impallidire i 4.000 anni scarsi di monoteismo maschile.

Ma ciò che maggiormente sconvolge è l’assenza in queste culture non solo di divisioni sociali legate alle caste, ma anche l’assenza di sottomissioni di genere e di violenza.
Insomma: furono culture indubbiamente pacifiche ed egualitarie, legate alla raccolta, alla caccia ed all’orticoltura  Culture che realizzarono dal punto di vista artistico opere di una bellezza indescrivibile, che ebbero un rapporto intimo con la natura e che idearono musica, architettura, tessitura, agricoltura, lavorazione dei metalli, arte, culto dei defunti e religione.

Cosa accadde che trasformò tali società matristiche in bellicose società patriarcali è il tema delle parti che seguono nel lavoro di Rodriguez: egli ci guida attraverso i cambiamenti sociali che intervennero in concomitanza con quelli economici quando l’agricoltura e l’allevamento divennero pratiche abituali. I surplus generarono la proprietà privata, la proprietà generò il bisogno di proteggerla e di conseguenza le classi sociali, le mura, le armi, le strutture istituzionali, l’urbanizzazione.
Le fatiche agrarie inoltre occuparono maggiormente gli uomini relegando le donne a ruoli riproduttivi e di cura della prole.

La religione si adattò alle nuove esigenze modificando struttura, miti e persino aspetto fisico: divinità maschili dèi del cielo occuparono spazi precedetemene dedicati ad un’unica – ma senza nome né volto (o con tutti i nomi e i volti) – dea della fecondità e della fertilità.
Sacerdoti occuparono i posti delle sacerdotesse ed i ruoli femminili lentamente persero i posti di potere economico, politico e religioso che in passato detenevano.

Non ultimo l’invasione dei popoli pre-indoeuropei ed indoeuropei (secondo le teorie oramai più che accreditate dell’archeologa Marija Gimbutas), popoli bellicosi e patriarcali, completarono nei millenni l’opera di distruzione dell’antica e pacifica cultura europea.

Di tutto ciò Rodriguez ci racconta, fino a portarci all’epoca del semitico Yahvè e degli dèi maschi che creano se stessi ed il mondo senza alcun aiuto, tanto meno femminile, e parallelamente a questa conquista venne giustificata la retrocessione delle donne a proprietà: procreatrici (ventri vuoti) del seme che si tramanda di generazione da padre in figlio.

Un senso di proprietà che ancora oggi porta mariti, compagni ed ex-amanti ad uccidere le donne in quel fenomeno che ora a anche un nome: femminicidio.

Nell’intreccio tra politica, economia, strutture sociali e questioni di genere si colloca la generazione ed il mantenimento delle varie idee di dio che si sono succedute.

“I dati storci rivelano” scrive Rodrguez “che gli dèi, per quanto potenti siano, possono sopravvivere solo nella misura in cui sono utili a costruire, giustificare, fissare e sostenere un determinato modello di società. Ma quando quest’ultima si trasforma, cambia anche la struttura mitica della divinità che la tutela”.

In questi nostri tempi di profonda crisi delle strutture istituzionali (economiche, politiche e sociali oltre che religiose), di modifica profonda di ciò che nei precedenti millenni è stato considerato certezza e di un evidente fallimento delle culture a stampo patriarcale, il dibattito è più che aperto. Forse abbiamo finalmente una chance: quella di immaginare una nuova idea di divino che ci consenta la possibilità realizzare (in terra come nei cieli) finalmente una società egualitaria e pacifica.

Pepe Rodriguez, spagnolo, laureato in scienza dell’informazione e dottore di ricerca in psicologia, si è occupato particolarmente, anche nell’ambito di commissioni governative e parlamentari, delle tecniche di persuasione coercitiva utilizzate dalle sette religiose.
Ha altresì concentrato i suoi interessi sui problemi della storia delle religioni, scrivendo saggi di carattere antropologico accanto ad analisi dei testi sacri dell’Ebraismo e del Cristianesimo. Il concetto di Dio è, da parte di Rodriguez, analizzato come fattore psichico originario attraverso il quale l’uomo ha trovato un modo efficace di rapportarsi all’ignoto e alla paura del futuro.

Pubblicazioni in italiano: Verità e menzogne della Chiesa cattolica , Roma, Editori Riuniti 1998;
Dio è nato donna , Roma, Editori Riuniti 2000.
Tra le altre opere ricordiamo: Las sectas hoy y aquí (1985); El poder de las sectas (1989); Qué hacemos mal con nuestros hijos (1993), La vida sexual del clero (1995)

Sito: http://www.pepe-rodriguez.com/

Micaela Balìce, Scrive poesie e coltiva la terra.
È laureata in Pedagogia con indirizzo Sociologico all’Università degli Studi di Torino, è poetessa e autrice. Coltiva la terra producendo erbe officinali nella sua azienda agricola.
Ha pubblicato con Akkuaria: “Cenerentola balla sola” e “I giardini di Inanna”

Sito: http://feminaversi.wordpress.com/



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