Dio è omofobo? Rapporto tra fede e omosessualità

Da Psicologiagay
 

Dio è omofobo?”: su questa domanda estremamente provocatoria si interroga Arianna Petilli, autrice di una tesi di laurea sul rapporto tra fede e omoessualità, in collaborazione con gli esperti Davide Dèttore, docente di psicopatologia del comportamento sessuale, Antonella Montano, antropologa e psicoterapeuta e Giovanni Battista Flebus, docente di psicometria, partendo dall’osservazione di come «gli omosessuali cattolici siano più omofobici di quelli non credenti e come l’impatto dei condizionamenti omofobici risulti maggiore in coloro che manifestano una costante frequenza religiosa o che provengono da famiglie con un’alta aderenza alla dottrina cattolica istituzionalizzata».

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La relazione tra fede e omosessualità è oggetto di interesse perché spesso le persone omosessuali credenti sperimentano una sensazione di conflitto interiore molto forte tra le loro credenze religiose e il loro orientamento sessuale, e per mettere a tacere questa sensazione scelgono di rinunciare alla Chiesa o all’attrazione sentimentale e sessuale per le persone dello stesso sesso.

Questa scelta di rinunciare ad una componente della propria identità così importante (che sia la fede o l’orientamento sessuale) ha importanti conseguenze sulla sensazione di benessere dell’individuo, che non si sentirà mai totalmente completo.

Lo studio della dott.ssa Petilli si è svolto Firenze, Pisa, Roma, Milano, attraverso la somministrazione di 366 questionari a 281 gay e 85 lesbiche credenti e non.

L’obiettivo della ricerca era quello di verificare se la frequentazione di gruppi di omosessuali credenti avesse un ruolo nella costruzione di un’identità in cui religione e omosessualità convivano più serenamente. Da anni, infatti, agiscono e si diffondono sempre di più in Italia alcune associazioni di persone omosessuali cattoliche, tra cui il gruppo Kairos di Firenze.

La Perilli spiega che tali associazioni hanno un grande valore perché “gli incontri dedicati alla conoscenza reciproca fanno uscire chi vi partecipa da quell’isolamento a cui gay e lesbiche spesso sono costretti, creando quella vicinanza affettiva che spesso le famiglie non possono o non sanno dare”, e soprattutto servono a comprendere che «la Bibbia non vada letta in modo fondamentalista, quasi fosse un manuale di regole pronte per l’uso.
Ogni testo biblico va letto contestualmente al momento storico e culturale in cui è stato scritto; non emerge dunque una condanna così inequivocabile dell’omosessualità
».

Nello studio della dott.ssa Perilli i livelli di omofobia interiorizzata (valutati attraverso un questionario) di gay e lesbiche appartenenti a gruppi di omosessuali cattolici sono stati confrontati con quelli dei gay e delle lesbiche credenti che non hanno mai preso parte alle attività di questi gruppi e con quelli degli omosessuali non credenti.

I risultati di questo confronto dimostrano che “la religione sembra avere un ruolo ancora molto importante nell’influenzare i pensieri e sentimenti che una persona nutre circa la propria condizione omosessuale”, tanto che “gli omosessuali cattolici sono più omofobici di quelli non credenti”. Tuttavia la frequentazione prolungata di un gruppo di omosessuali cattolici diminuisce il numero di atteggiamenti contrari all’affettività e alla sessualità omosessuale, lasciando pensare che questi gruppi riescano a sostenere i partecipanti nel cammino di elaborazione e accettazione del loro orientamento sessuale. In altre parole questi gruppi offrono la possibilità di vivere la proprio sessualità alla luce dei valori religiosi, e di conseguenza di fornire una interpretazione religiosa positiva dell’omosessualità.

A cura delle dott.sse Valeria Natali e Paola Biondi


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