di Rosita Baiamonte
“Dio ha insegnato a non chiamar profano o impuro alcun uomo” (Atti degli Apostoli 10,28)
Quando ho appreso la notizia, sono rimasta sbalordita, da credente e in passato praticante (per dieci anni ho fatto parte di un famoso movimento cattolico, i neocatecumenali), riponevo (ingenuamente) nella Chiesa un’estrema fiducia, credevo che la Chiesa fosse davvero come una madre benevola che ti accoglie a sé quando hai bisogno di conforto, credevo davvero che qualsiasi decisione io potessi prendere nella mia vita, la Chiesa e le sue pratiche mi avrebbero alleviato dalle sofferenze. Ci credevo. La mia fede non vacilla, ma la mia fiducia negli uomini di Chiesa sì. Mi direte: ci sei arrivata adesso? No, non ci sono arrivata adesso. Il percorso verso una nuova consapevolezza è stato lungo, faticoso, pieno di insidie. Non tutto è da buttare, non tutto è da salvare. Ma come considerare una Chiesa che si rifiuta di far pregare delle persone? Qual è infine lo scopo della Chiesa? Quello dell’auto-conservazione a tutti i costi? Che tipo di male vede la Chiesa in un gruppo di persone che pregano? Forse il nostro Arcivescovo si aspettava una parata degna del carnevale di Rio, con gente addobbata in maniera stramba e stravagante, inneggiante all’amore libero, o forse aveva paura che se un gay fosse entrato in chiesa sarebbe arso vivo per autocombustione, rovinando gli eleganti affreschi e le panche in legno.
Il tema dell’omofobia è serio e difficile da trattare in poche righe. Il mondo è spaccato in due, tra chi sostiene e promuove leggi contro l’omosessualità, come ad esempio in Uganda, atte a rendere illegale il fatto stesso di essere gay o difendere chi lo è, e di far pagare questo reato con la stessa vita, e chi lotta tutti i giorni contro le discriminazione sessuali, che spesso e volentieri portano ad atti di violenza inaudita e gratuita. Bisognerebbe semplicemente considerarsi umani, non tollerare o a rispettare l’altro in quanto diverso da sé, ma in quanto Uomo, e la Chiesa potrebbe avere un ruolo fondamentale se solo lo volesse, se solo non sbattesse le porte in faccia a chi umilmente chiede soltanto di fare una preghiera. L’arroganza di un gesto così lontano da qualsiasi insegnamento cristiano mi sgomenta. Gesù disse: “ bussate e vi sarà aperto”, non disse “Bussate e solo dopo un accurato controllo vedremo di aprirvi”. Nonostante tutto, il 12 maggio erano tutti lì, davanti il portone chiuso della chiesa, sul piazzale antistante la parrocchia. Erano in tanti, donne, uomini, bambini, ognuno reggeva una candela in mano, e il suono delle chitarre e dei cembali si alzava libero nell’aria fresca di una serata di primavera. E l’eco di quel suono è arrivato fin lassù, dove doveva arrivare.