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DIPAK R. PANT, Sono in Italia da 5 giorni; sto riprendendo da trauma e stress subiti mentre ero nel bel mezzo della tragedia himalayana – tanta distruzione e sofferenza umana – il grande terremoto in Nepal! Ho evitato la morte che mi è passata vicinis...

Creato il 05 maggio 2015 da Paolo Ferrario @PFerrario

Salve Dottore Ferrario!

Eccomi qui.
Sono in Italia da 5 giorni; sto riprendendo da trauma e stress subiti mentre ero nel bel mezzo della tragedia himalayana – tanta distruzione e sofferenza umana  – il grande terremoto in Nepal!
Ho evitato la morte che mi è passata vicinissima; il rischio di rimanere gravemente ferito o menomato era altissimo.
Non ho dormito per diverse notti consecutive; per circa una settimana sono rimasto con gli stessi vestiti addosso senza poter né lavare il corpo né cambiare i vestiti.
Ho cercato di rendermi utile per quello che potevo in quella situazione (ero uno esterno e forse più calmo e deciso rispetto agli altri per creare un mimino di emergency micro-management plan al livello micro-locale).

Adesso sto riprendendo i contatti e sto cercando di recuperare le forze con abbondante (purtroppo intermittente) sonno che potrà ripristinare l’ordine nel mio sistema psico-fisico entro i prossimi giorni (speruma!).
Sono operativo presso l’università da oggi (martedì 5 maggio).
Grazie al Cielo e grazie alle benedizioni di tutti coloro che mi vogliono bene (come Lei), sono sopravvissuto e rientrato sano e salvo seppur esausto fisicamente e mentalmente.
Un terremoto fortissimo ( tra 7.9° e 8.1° di scala Richter) ha devastato la zona centrale delle montagne nepalesi (compresa la valle di Kathmandu, l’area più densamente popolata di tutta la regione himalayana) il sabato 25 aprile attorno la mezzanotte; seguito da scossoni e tremori abbastanza forti.
I tremori intermittenti continuarono anche nei 4 giorni successivi causando un terrore misto con un sentimento di rassegnazione tra la gente già duramente colpita.
Migliaia di esseri umani sono morti sul colpo già nel primo scossone del sabato 25 aprile, altri centinaia di migliaia sono gravemente feriti e resteranno invalidi e menomati per tutta la vita, i feriti generici sono impossibile da contare.
La stima di morti e feriti è provvisoria, e sta salendo man mano che si scoprono le vittime sotto le macerie urbane e si inizia a contare i danni nelle zone rurali remote.
Gli ospedali (quelli che sono rimasti in piedi) ed i centri sanitari rurali sono inondati di feriti e morenti.
Sono stati distrutti non solo gli edifici (fatti male) durante un processo di urbanizzazione caotica degli ultimi 20 anni, ma anche molti monumenti di inestimabile valore culturale e molti edifici storici costruiti in diverse epoche.

La domenica 26 aprile, dopo il mezzogiorno, un altro forte scossone (sopra 6° s.R.) aveva colpito di nuovo più o meno la stessa area causando ulteriori crolli, seguito da una trentina di altri tremori (meno forti), ma non meno spaventosi alla gente stremata.
La gente si era riversata sulle strade, piazze, spazi aperti pubblici, prati e campi (nel frattempo anche le autorità hanno avvertito di restare fuori dagli edifici).
Il meteo non è stato clemente; pioggerelline, vento, freddo e fango hanno aggiunto disagio e miseria sulla tragedia epocale.
Ci vorranno settimane (forse mesi) per ripulire detriti mescolati con cadaveri in putrefazione.
Il rischio epidemie è altissimo in vista all’arrivo del caldo e delle piogge monsoniche estive.
Nepal è in ginocchio.

Ero andato in Nepal per una settimana, sulla via di ritorno in Italia dopo le tappe di incontri accademici e lavoretti come professore-ospite negli USA (Washington DC-Pittsburgh/Pennsylvania – San Pedro/California, 23 marzo – 2 aprile) e Taiwan (Taipei – Dalin, 3-22 aprile), dopo aver fatto la mia parte di lezioni e seminari presso la mia università (LIUC) in Italia tra febbraio e marzo.
Dopo soli due giorni a Kathmandu ero andato insieme con mia madre anziana (87) e con il fratello minore nella zona rurale fuori (ad est) dalla valle di Kathmandu per una breve ricognizione sul campo (eventuale sede di un progetto sperimentale di economia sostenibile) e anche per una gita per avere il respiro dal caos, dal rumore e dall’inquinamento della valle di Kathmandu, una delle peggiori aree urbane, densamente popolate, malgestite e malgovernate in Asia.
E’ stato duramente colpito anche questo distretto rurale che ha un piccolo nucleo urbano (capoluogo) con un mercato vivace (ora spento) e con un piccolo ospedale che adesso è letteralmente inondato dai feriti, tra cui molti gravi (ed alcuni stanno morendo lentamente).
Siamo stati accampati in un piccolo rifugio a terra, in una zona aperta, senza corrente elettrica, senza servizi igienici appropriati, senza connessione internet; solo un uso limitatissimo dell’apparecchio info-telematico del mio fratello che ci ha permesso di fare comunicazioni urgenti.
Ho cercato di essere utile con la presenza in alcuni luoghi (in primis l’ospedale locale), con i consigli pratici per coordinare rifornimenti essenziali, con le parole di conforto (ai feriti ed ai parenti dei morti e feriti), incoraggiamento al personale sanitario, ai volontari ed alle forze dell’ordine ed un aiuto all’amministrazione locale in termini di un sistema di micro-management di emergenza (inventato da me sul posto) priam che arrivasse ikl soccorso governativo ufficiale (dopo due giorni) e mezzo a causa delle difficoltà dio viabilità in quella zona montuosa seppure non distante dalla valle di Kathmandu.
Ho fatto l’uso del buono ed affidabile apparecchio info-telematico (HTC, Made in Taiwan) del mio fratello, e qualche mirato contributo monetario (modestissimo, quello che avevamo nelle nostre tasche).
Purtroppo non sono stato in grado di fare od offrire di più.

Spero di ritornare a dare un contributo maggiore e una presenza più significativa nel processo di recupero e ricostruzione nel futuro vicino e lontano.
Le competenze professionali e le qualità umane ed intellettuali dei miei collaboratori e colleghi saranno di grande aiuto nella fase del restauro dei paesaggi danneggiati e della micro-imprenditoria locale devastata.
Le abilità e la spiritualità dei miei amici saranno di grande aiuto nella fase del restauro dei corpi e delle anime.
Nel momento opportuno Vi chiederò di dare il Vostro contributo; per ora mi sto organizzando con calma per un grande e lungo progetto di restauro del sistema-luogo in un’ottica di riduzione della vulnerabilità umana, aumento della resilienza sociale e sostenibilità della microeconomia locale.

Secondo il mio modesto parere, NON bisogna inviare nessun materiale adesso in Nepal poiché sono inondati di pacchi di medicinali, viveri e materiali di ogni genere arrivati da ogni dove in attesa di essere distribuiti, mentre vi è una logistica e un management molto al di sotto del necessario per queste circostanze; NON bisogna intasare con ulteriori pacchi econtainers (inoltre, non manca la roba in Nepal, ma manca la strada, mancano i muletti e mulettisti, mancano elicotteri e elicotteristi).
NON bisogna inviare niente in denaro in Nepal adesso poiché l’uso inefficiente (anche opportunistico e corrotto) degli aiuti da parte dei politicanti e burocrati nepalesi (non sono meglio di quelli italiani) e quelli professionisti della “carità” (pelosa) – i vari ONG estere o nepalesi – è altamente probabile.
Il mio ufficio universitario si sta organizzando per un progetto di lungo termine per la ricostruzione di una piccola zona rurale colpita (adotteremo un villaggio e creeremo un modello di riablitiazione e sviluppo sostenibile).
Al momento opportuno Vi interpellerò per qualche contributo di idee, mezzi o risorse; penso che entro pochi mesi avremmo preparato un’idea progettuale seria.

Prima di partire per l’Italia ho provveduto di mandare via mia anziana madre ed altri familiari più anziani dai parenti in zone sicure e non danneggiate.
Perché prevedo che i tempi saranno lunghi per il ripristino dei minimi servizi e rifornimenti nella valle di Kathmandu, oltre al riordino dal punto di vista igienico-sanitario.

Questa esperienza di distruzione, morte e sofferenza umana – di queste proporzioni così enormi – mi accompagnerà tutta la vita.
La mia preghiera è di poter farne un tesoro di questa esperienza e di riuscire a portare la vulnerabilità umana e la resilienza sociale al centro di tutti i miei pensieri e progetti di economia sostenibile; speruma!

drp

Prof. Dipak R. Pant
Coordinatore – Unità di Studi Interdisciplinari per l’Economia Sostenibile
Docente – Scuola di Economia & Management
Università Carlo Cattaneo (LIUC)
Corso Matteott 22
21053 Castellanza (VA)


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