Dipinto dell'esimia Artista Sandra KuckLa gerarchia celes...

Da Eleonoraely
Dipinto dell'esimia Artista Sandra Kuck

La gerarchia celeste (Dionigi Areopagita) 
CAPITOLO I 
In qual modo ogni illuminazione divina che per mezzo della bontà celeste si trasmette alle creature, resta semplice in sé, nonostante la diversità dei suoi effetti, ed unisce le cose che tocca coi suoi raggi.
ARGOMENTO. - I. Si insegna che ogni luce, ogni grazia spirituale ci viene dal Padre e ci riporta a lui. - II. Dopo un’invocazione a Cristo, ci si propone di spiegare le gerarchie celesti per mezzo degli oracoli divini che, sotto la varietà del figurato, celano la semplicità del senso letterale. - III. Si dimostra che, per adattarsi alla nostra intelligenza, la Scrittura rappresenta con figure materiali le cose spirituali e celesti, e si mostra in qual modo da quei simboli grossolani la nostra anima possa elevarsi fino alle più sublimi contemplazioni.
I. Ogni grazia sovreminente, ogni dono perfetto vien dall'alto e discende dal Padre dagli splendori (Lett. di S. Giacomo, 1, 17). Non solo; ma ogni emanazione di splendore che la celeste bontà lascia traboccare su l'uomo, reagisce in lui come principio di semplificazione spirituale e di celeste unione, e con la sua virtù, lo riconduce verso la sovrana unità e la deifica semplicità del Padre. Poiché tutte le cose vengono da Dio e ritornano a Dio, conforme a quanto é detto nelle sante Epistole 

(Lett. ai Rom. Il, 36.). 

II. Perciò invocando Gesù, la luce del Padre, la vera luce che illumina tutti gli uomini che vengono in questo mondo, (S. Giovanni. I, 8) e per la quale abbiamo ottenuto d'accostarci al Padre, sorgente d'ogni luce, alziamo un attento sguardo verso lo splendore dei divini oracoli che i nostri maestri ci lasciarono in eredità; e in questo splendore cerchiamo di discernere, con buona volontà, ciò che fu rivelato, sotto il velo della figura e del simbolo, intorno alla gerarchia degli spiriti celesti. Poi, dopo aver contemplato con occhio tranquillo e puro quegli splendori primitivi, ineffabili, per i quali il Padre, abisso di divinità, ci manifesta con tipi materiali i beati ordini degli angeli, ripieghiamoci sul principio infinitamente semplice dal quale quegli splendori derivano. Con ciò non si vuol già dire, bene inteso, che essi talvolta non esistano al di fuori dell'unità che forma la loro essenza; poiché, anche quando, adattandosi per provvidenziale bontà ai bisogni dell'uomo, per spiritualizzarlo e renderlo uno, (componendo il dualismo fra materia e spirito, tra seno e ragione) si spandono felicemente in molteplici raggi, anche allora conservano essenzialmente una identità immutabile ed una permanente unità; e sotto la loro potente influenza, chiunque li accolga come si deve, si semplifica e diviene uno, in quella misura che n'è personalmente capace. Però questo principio originale di divina luce non ci é accessibile se non in quanto si vela sotto la varietà dei misteriosi simboli e, con amore e saggezza discende, per così dire, fino al livello della nostra natura. 

III. Similmente il supremo e divino legislatore ha disposto che la nostra gerarchia ecclesiastica fosse una sublime imitazione delle gerarchie celesti; ed ha simboleggiate le schiere invisibili con tratti sensibili e forme concrete, affinché, in rapporto alla nostra natura, queste istituzioni santamente figurative l'elevassero fino all'altezza e alla purità dei tipi che rappresentano. Poiché soltanto con l'aiuto di emblemi materiali può la nostra grossolana intelligenza contemplare e riprodurre la costituzione degli ordini celesti. Sotto quest'aspetto dunque le magnificenze visibili del culto ci ricordano le bellezze invisibili; i profumi che inebriano i sensi rappresentano le soavità spirituali; lo splendore dei ceri é il segno dell' illuminazione mistica; il cibo offerto alle intelligenze dalla contemplazione ha il suo simbolo nella spiegazione della santa dottrina; la divina e pacifica armonia dei cieli é raffigurata dalla subordinazione dei diversi ordini di fedeli, e l'unione con Gesù Cristo, dal ricevimento della divina Eucaristia. 
E così é di ogni altra grazia, poiché le nature celesti vi partecipano in un modo che non é di questo mondo, e l'uomo soltanto per mezzo di segni sensibili. E dunque per divinizzarci, nella misura ch'era possibile, che noi siamo stati iniziati misericordiosamente al segreto delle gerarchie celesti, per mezzo della terrena, che ne é come l'embrione, ed associati ad esse nella partecipazione alle cose sacre. Quanto poi alle parole della santa Scrittura, esse non raffigurano la pura intelligenza per mezzo 

d' immagini materiali se non per farci risalire dal corpo allo spirito, e dai pii simboli alla sublimità delle pure essenze.
(continua)

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