Le due bambine non ricevettero il cognome del padre, mentre Landmesser fu incarcerato due volte, tra una nascita e l’altra, con l’accusa di aver “disonorato la razza”. Nel 1938, siccome la storia fra August e Irma continuava, l’operaio di Amburgo fu mandato nel campo di concentramento di Börgermoor, mentre Irma Eckler fu arrestata dalla Gestapo, per poi essere inviata a Oranienburg e, successivamente, a Ravensbrück.
Nel 1938, siccome la storia fra August e Irma continuava, l’operaio di Amburgo fu mandato nel campo di concentramento di Börgermoor, mentre Irma Eckler fu arrestata dalla Gestapo, per poi essere inviata a Oranienburg e, successivamente, a Ravensbrück.
Landmesser uscì dal carcere nel 1941, destinato ai lavori forzati. Fu inviato poi sul fronte russo e qui, se ne perdono le tracce: l’uomo è ufficialmente disperso e si pensa che sia caduto il 17 ottobre del 1944. Irma è probabilmente morta il 28 aprile del 1942, nell’istituto sanitario di Bernburg, dove i nazisti praticavano l’eutanasia sui malati di mente. Solo nel 1951 il municipio di Amburgo ha finalmente riconosciuto il matrimonio di August Landmesser e Irma Eckler.
La foto fu ritrovata nel 1991 e pubblicata dal quotidiano tedesco “Die Zeit”. Il giornale chiedeva se qualcuno fosse in grado di riconoscere quell’unico uomo rimasto a braccia conserte. Irene, la figlia più piccola di August e Irma credette di riconoscervi il padre. Ancora oggi non si è sicuri che quell’uomo con le braccia sul petto sia davvero August Landmesser, ma il cantiere, Amburgo, il gesto, coincidono coi ricordi della donna, che fu affidata a un orfanotrofio, mentre la sorella più grande era stata affidata ad alcuni parenti.
La foto è poi nuovamente scomparsa dalle scene, risucchiata dalla storia, salvo poi riprendere vita grazie alla rete. È il successo planetario: l’immagine in bianco e nero di quell’unico uomo che rifiuta di fare il saluto nazista e se ne rimane con le braccia conserte, nella sua muta protesta in bianco e nero, adesso fa il giro del mondo, rimbalzando sui social network, ricordando alle generazioni cibernetiche che dire di no è sempre possibile, anche solo incrociando le braccia.
Grazie a La fiaccola dell'anarchia