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Diritti umani in Senegal: Amnesty International e Human Rights Watch smentite dal sociologo Massimo Introvigne

Creato il 02 gennaio 2014 da Cagliostro @Cagliostro1743

Massimo Introvigne“L’inquisizione gay mette il Senegal nel mirino dell’Onu” titola La Nuova Bussola Quotidiana in un articolo firmato da Massimo Introvigne.
Ad essere “sotto tiro” è l’articolo 319 del Codice penale senegalese che punisce con la reclusione da uno a cinque anni «chiunque avrà commesso un atto improprio o contro natura con una persona dello stesso sesso»: questa norma ha fatto sì – così come scrive Introvigne – che Gran Bretagna, Germania, Belgio e Olanda sottoponessero il Senegal «a una vera e propria inquisizione per le sue norme in materia di omosessualità».
Una questione irrilevante per lo studioso cattolico secondo cui, in base a quanto detto dal ministro della Giustizia del Senegal Sidiki Kaba, sono state condannate solo persone per «comportamenti osceni omosessuali tenuti in luoghi pubblici (…) o per attività propagandistiche in favore dell’omosessualità».
Nonostante la stampa internazionale riporti di persone arrestate per la loro omosessualità, la situazione non sarebbe – per Introvigne – così drammatica e sarebbe principalmente una strumentalizzazione da parte dell’amministrazione Obama: «La questione dell’articolo 319 del Codice penale è stata sollevata in modo piuttosto arrogante dal presidente americano Obama nella sua visita in Senegal del 26-28 giugno 2013. Obama ha affermato in quell’occasione che la sua amministrazione non collabora e non concede aiuti ai Paesi che non tutelano i diritti degli omosessuali. L’intero consiglio dei ministri del Senegal lo ha mandato a quel paese, dichiarando che una modifica dell’articolo 319 non è all’ordine del giorno perché sarebbe interpretata come una dichiarazione da parte dello Stato che gli atti omosessuali sono qualche cosa di “normale” e positivo, il che è contrario al comune sentire della società senegalese». Secondo il sociologo torinese ad appoggiare il governo di Dakar sarebbero non solo una trentina di organizzazioni musulmane ma anche diversi esponenti cattolici: «Il problema sollevato da queste personalità religiose senegalesi è di grande interesse. La portata dell’articolo 319 è ampiamente simbolica, e la sua difesa consiste nella riaffermazione del principio secondo cui gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati e la propaganda di questi atti nuoce al bene comune. Si può discutere se norme che incriminino gli atti omosessuali – per quanto poco o mai applicate – siano  oggi uno strumento efficace per ribadire questo principio».
La questione sarebbe molto complessa e delicata: «Ci sono vescovi che, esattamente come la dichiarazione della Santa Sede del 2008, si preoccupano che l’abrogazione delle norme penali sull’omosessualità – pure in sé e per sé auspicabile – non avvenga in un contesto che apra le porte alla promozione dell’ideologia di genere e al riconoscimento pubblico delle unioni omosessuali». Insomma – nel dubbio – meglio continuare a considerare un crimine i rapporti con persone dello stesso sesso ed incarcerare gli omosessuali alimentando quindi il dubbio se la dottrina cattolica sia compatibile con i principi democratici ed i diritti umani.
Anche se la Ong internazionale per la difesa dei diritti umani Human Rights Watch ha realizzato nel 2010 – e riaggiornato nel 2013 – un report (“Fear for Life: Violence against Gay Men and Men Perceived as Gay in Senegal”) sulle violenze subite dai gay senegalesi, ci sarebbe poco da preoccuparsi perché il Senegal è un Paese altamente democratico ed è possibile affermarlo in base alla testimonianza diretta di Massimo Introvigne: «I più fedeli lettori del nostro quotidiano ricorderanno le mie cronache delle elezioni presidenziali del 2012, che avevo avuto occasione di studiare sul posto. Contrariamente a molti timori, le elezioni si svolsero regolarmente e portarono al potere un oppositore del precedente presidente Wade. Il Senegal – lo posso dire sulla base della mia osservazione – è un Paese sostanzialmente libero, dove la stampa dibatte di ogni argomento criticando spesso le autorità. Anche le società di sondaggi – come dimostrarono le elezioni – svolgono il loro lavoro in modo indipendente».
Elezioni svolte regolarmente per il sociologo cattolico che va a smentire il preoccupante rapporto 2013 di Amnesty International sul Senegal: «Durante i disordini che hanno segnato il periodo preelettorale a gennaio e febbraio, si sono verificate gravi violazioni dei diritti umani, compreso un uso eccessivo della forza che ha provocato la morte di diversi manifestanti, tortura e altri maltrattamenti e attacchi alla libertà d’espressione».
Leggendo la testimonianza di Introvigne, devono essere considerate certamente una falsità le parole di Amnesty International secondo cui «le forze di sicurezza hanno represso con violenza coloro che si opponevano alla candidatura per un terzo mandato del presidente uscente Wade e hanno fatto uso eccessivo della forza, provocando la morte di diverse persone».
Il Senegal sarebbe un Paese in cui «la stampa dibatte di ogni argomento criticando spesso le autorità» secondo Introvigne che ovviamente non può condividere quando Amnesty afferma che «attivisti politici e difensori dei diritti umani sono stati aggrediti e incarcerati per aver espresso pacificamente la loro opposizione alla candidatura del presidente Wade». Ovviamente non c’è da credere ad Amnesty International neanche quando riporta che «tre giornalisti sono stati percossi dalla polizia: due giornaliste che lavoravano per il quotidiano senegalese Le Populaire e il terzo per l’agenzia di stampa francese Agence France Presse». La stampa in Senegal è libera: parola di Massimo Introvigne, sociologo e reggente nazionale dell’associazione Alleanza Cattolica.
Il dubbio resta solo uno: credere alle Nazioni Unite, ad Amnesty International ed a Human Rights Watch o a Massimo Introvigne? Mistero della fede.

Diritti umani in Senegal: Amnesty International e Human Rights Watch smentite dal sociologo Massimo Introvigne


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