Posted by Agostino Nicolò 29 ottobre 2013
L’atlante del Global Gender Gap 2013, stilato dal World Economic Forum (weforum.com)
Salute, istruzione, partecipazione economica ed impegno in politica sono state prese per analizzare e specificare l’ampiezza e la portata delle disparità basate sul genere. L’Islanda, si conferma al primo posto, seguita da Finlandia e Norvegia. La classifica ottenuta, nei 136 paesi analizzati, consente un confronto efficace tra regioni e gruppi di reddito nel corso del tempo affinché si riesca a creare una maggiore consapevolezza del pubblico globale nelle sfide poste dai divari di genere e dalle opportunità create da loro potenziale riduzione. La metodologia e l’analisi quantitativa sono destinati a servire come base per la progettazione di misure efficaci per la riduzione delle disparità di genere.
L’Islanda, quindi anche per il 2013, continua ad essere in cima alla classifica generale del Global Gender Gap Index, per il quinto anno consecutivo. Al secondo posto c’è la Finlandia e al terzo la Norvezia. La Svezia, insieme agli altri paesi nord-europei, rimane ancorata al quarto posto. Le Filippine, primo paese asiatico ed extra-europeo, sono salite al quinto posto, seguite da Irlanda, Nuova Zelanda, Danimarca, Svizzera e Nicaragua, che chiude così la top ten.
Il governo finnico, composto da 9 donne e 11 uomini (yle.fi)
L’Italia è al 71° posto nella classifica dei paesi con la minor disuguaglianza di genere, dietro a molte nazioni: tra cui la Cina (69° posto), il Messico, il Senegal, la Tailandia, il Brasile (62°) la Russia (61°), Sri Lanka e Madagascar, rispettivamente 55esimo e 56esimo posto, Equador, Monzambico, Trinidad e Tobago, Burundi e tante altre. Dei paesi di fascia occidentale, maggiormente sviluppati, l’Italia è solo davanti a Grecia, Repubblica Ceca, Ungheria e Turchia. Tranne la Spagna al 30esimo posto e la Francia al 45esimo, Gran Bretagna, Germania, Belgio ed Olanda sono nei primi venti posti della classifica stilata.
Il dato su cui riflettere. Sulla base degli otto risultati di dati disponibili, dal 2006 al 2013, i 110 paesi, che hanno partecipato allo studio sin dalla sua nascita, fanno registrare, per la maggior parte dei casi, scarsi progressi affinché il divario, che differenzia uomo e donna, venga colmato.