Diritto all’oblio: dopo Google, anche Microsoft si adegua

Creato il 15 luglio 2014 da Nicola933
di Francesca Abbatiello - 15 luglio 2014

Di Francesca Abbatiello. Il “diritto all’oblio” è una particolare forma di garanzia che prevede la non diffusione, senza particolari motivi, di precedenti pregiudizievoli dell’onore di una persona, per tali intendendosi principalmente i precedenti giudiziari di una persona. È quindi il diritto a non restare indeterminatamente esposti ai danni ulteriori che la reiterata pubblicazione di una notizia può arrecare all’onore e alla reputazione, salvo che, per eventi sopravvenuti, il fatto precedente ritorni di attualità e rinasca un nuovo interesse pubblico all’informazione.

Tale diritto è rilevante specie nel campo dei social network. La questione è stata già affrontata nel 2012, quando la Commissione Europea pubblicò un primo piano di indirizzo per adottare una legge “per il diritto all’oblio” nell’ambito di un piano più ampio di revisione delle regole sulla tutela della privacy all’interno dell’Unione. Da allora molte società di internet hanno espresso i loro dubbi su una legge di questo tipo, dai contorni poco definibili e ritenuta pericolosa per la tutela della libertà di espressione online, e che inoltre attribuisce responsabilità diverse al motore di ricerca che elenca i risultati rispetto a chi mantiene online il contenuto in questione.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata con la sentenza conclusiva della causa C-131/12 del 13 maggio 2014 dove ha stabilito che “è nel diritto dei cittadini europei richiedere ai motori di ricerca online l’eliminazione dalle loro pagine dei risultati di eventuali link che rimandino verso “contenuti non più rilevanti” che li riguardano”.

In effetti, così facendo, la Corte ha consentito che decisioni tanto fondamentali per il nostro futuro e tanto complesse finissero con l’essere assunte dalla più grande internet company del pianeta: Google. La risposta di quest’ultimo alla decisione della Corte è stata quella di mettere a disposizione degli utenti un modulo da compilare online per chiedere la cancellazione di questi link. Il risultato è stato di 70mila richieste.

Si tratta, però, di un palese paradosso: un sistema di regole che dovrebbe avere nel suo dna anche l’obiettivo di arginare il rischio che le regole della società siano imposte dalle dinamiche di mercato, ha finito con l’affidare ad uno dei leader del mercato il compito di individuare una complicatissima posizione di equilibrio etico e democratico al posto dei parlamenti, dei governi o, al limite, dei giudici.

Sulla questione si è espresso anche Microsoft, che seguendo la scia di Google sta lavorando a un modulo da mettere a disposizione degli utenti per il diritto all’oblio. Questa mattina, un portavoce dell’azienda di Bill Gates, al New York Times ha riferito: “Stiamo sviluppando un nostro sistema, è previsto il lancio di un modulo attraverso il quale gli utenti potranno presto fare richiesta”.

Non è ancora stata comunicata la data esatta a partire dalla quale Microsoft renderà disponibile tale modulo, ma i lavori in tal senso proseguono.

La richiesta di cancellazione non potrà essere incondizionata, ma dovrà rispondere ad alcuni parametri. Per essere “cancellabili”, i risultati dovranno essere “inadeguati, irrilevanti o non più rilevanti, o eccessivi in relazioni agli scopi per cui sono stati pubblicati”. Valutazioni che dovranno essere effettuate caso per caso.


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