Discorrendo di Connettivismo (e di “connessione”) con Alex Tonelli

Creato il 29 marzo 2012 da Fabry2010

Pubblicato da giovanniag su marzo 29, 2012

Introduzione di Giovanni Agnoloni 

In vista della conferenza (dal titolo “Poesia e fantascienza: un binomio impossibile?”) che terrò sabato 31 marzo a Milano al Fanta Festival Mohole alle ore 20 (ma arrivate prima!) in Sala Vigneron (allego il programma) con Alex Tonelli, voce profondamente filosofica (ma non solo) del Connettivismo, ecco un nostro flusso-scambio di idee sui temi che tratteremo nell’occasione.

È anche un’opportunità per riflettere sui temi di fondo del Connettivismo, in una fase cruciale, in cui la nostra avanguardia letteria, che nasce dalla fantascienza, sta iniziando il percorso di infiltrazione feconda nel mainstream.

Interessante, mi viene solo da dire, che i nostri “nomi di battaglia” (“Logos” lui e “Kosmos” io) facciano singolarmente eco con i temi toccati qui di seguito.

Ecco qui il nostro scambio/flusso.

Alex “Logos” Tonelli:

Il Connettivismo sin dalle origini si è presentato anche attraverso il veicolo della poesia rivelando così uno scandalo innato: la poesia nella fantascienza.
L’intento dei connettivisti era certamente di rottura, di palese distacco, dall’impaludata tradizione fantascientifica italiana, per urlare al mondo una diversità profonda. Vi era però un secondo intento, più originario, ad animare i connettivisti nel loro viaggio nella poesia. E questo secondo motivo è di fatto il Connettivismo stesso.
Il Connettivismo è il darsi emozionale dell’uomo futuro al futuro, dell’uomo-agente al futuro. Questo darsi emozionale però non può essere completamente raccontato dalla prosa che è azione, fatti. Serve dire qualcosa di più e questo di più (questo OLTRE) è raccontato dalla poesia che è ermetica, è evocazione, è intuizione di un’emozione. Solo la poesia riesce a mostrare (non raccontare ma mostrare) la parte molle, emozionale, viva, dell’esperienza vissuta (Erlebnis) dell’uomo di fronte all’abisso misterioso del futuro.

Questo scandalo della poesia è stato raccontato sia nelle Ermetica Ermeneutiche apparse su NEXT a partire dall’iterazione 11, sia nell’antologia Super Next (edita da Kipple Officina Libraria) che ha raccolto il meglio della produzione poetica presente su NEXT, ma soprattutto da Concetti Spaziali, Oltre, silloge ragionata (sempre edita da Kipple) della poesia connettivista.

In Concetti Spaziali, Oltre è emerso, a fronte di tante voci fra loro diverse, un tema ricorrente, una sorta di fiume carsico che soggiace ad ogni poeta connettivista. Questo tema è stato chiamato l’Oltre. Un Oltre non inteso come fuga in avanti da un presente deprimente e frustrante, ma come balzo di ricerca, di indagine, di presenza in un’Altra realtà, un Oltre che è direzione di un corsa verso cui muovono i poeti connettivisti.
L’Oltre raccontanto può essere il futuro, ma può essere anche un mondo alternativo di pseudo-storia, può essere un regno di divinità malvagie, o addirittura un passato romantico e rievocato.

L’Oltre è lo sguardo emozionale in avanti, è, di fatto, la poesia connettivista.

Giovanni “Kosmos” Agnoloni:

Il tema dell’Oltre e quello della Connessione, legati inscindibilmente a quello della parola come tramite di vibrazione, e dunque di energie, è centrale nel mio approccio personale al Connettivismo, e del resto patrimonio comune all’intera avanguardia di cui facciamo parte. “In principio era il Verbo”, dice il Vangelo di Giovanni: perché la parola, il suono, l’energia e la vibrazione, come Tolkien e Owen Barfield ci insegnano, sono i tramiti per creare (o ri-creare) una realtà spesso abbrutita dall’abitudine e dalla perdita di fede-slancio, da intendersi anche come apertura all’Oltre. La Connessione, rispetto a questo stato medio di cose, è lo strumento per ripristinare una Comunione, ovvero il trait d’union interiore con questa dimensione, che si esprime nella Natura-Cosmo, ma anche negli universi dell’anima, nel profondo, laddove, dietro tutte le maschere e le proiezioni confondenti, si annida il Sé, il nucleo dell’identità più vera e la radice del divino-in-noi.
Questa la quintessenza del mio approccio alle riflessioni sul fantastico attraverso la falsariga degli scritti tolkieniani, come riflesso in Tolkien e Bach. Dalla Terra di Mezzo all’energia dei fiori (Galaad, 2011) e nel mio articolo “Tolkien. L’ombra della Paura e la luce del Desiderio”, nella raccolta a mira cura e per mia traduzione Tolkien. La Luce e l’Ombra – Senzapatria, 2011) [colgo l'occasione per ricordare che presenterò questi volumi, insieme a Nuova letteratura fantasy, ed. Eumeswil, il 30 marzo a Pavia, all'Osteria Letteraria "Sottovento", alle 19,30].
La parola “poetica” è Verbo (ri)creatore nella misura in cui (come l’etimologia di “poesia, da “poièin”, “fare” in greco antico, lascia intendere), noi, mediante essa, interagiamo con il mondo in cui viviamo, co-creandolo costantemente. L’intelligenza emotiva espressa in parola, che sia lirica (versi) o narrativa, ma pur sempre risonante con le profondità “di dentro” e aperta alle immensità cosmiche “fuori”, è un potentissimo mezzo attraverso cui ci rendiamo co-protagonisti del destino globale.
Per questo la letteratura è una cosa profondamente seria, e il Connettivismo è un movimento profondamente consapevole di quanto sia o possa essere delicato il suo ruolo. Esso, infatti (come ben dimostrato anche dalla raccolta A.F.O. – Avanguardie Futuro Oscuro, a cura di Sandro Battisti ed edita da EDS e poi da Kipple Officina Libraria), si propone come chiave di lettura/interazione del/con il reale precisamente da questo punto di vista, connotandosi ormai non più tanto in senso di “genere”, ma di approccio alla realtà (peraltro, anche del fantasy, ormai, più che come genere si parla come di “modo fantastico”, il che evidenzia come sia non tanto un ambito letterario o artistico in senso lato, ma una sensibilità, una chiave di lettura, appunto). In questo senso, il movimento connettivista si pone adesso l’obiettivo di affermarsi come stile e taglio di sensibilità per permeare e arricchire il mainstream.

Alex “Logos” Tonelli:

Parola. La parola poetica diventa così per il Connettivismo una sorta di magico incantesimo, una magia evocativa che nasconde un potere infinito che va oltre (Oltre) ogni altra parola possibile, ogni discorso della e sulla quotidianità.
La parola poetica connettivista, nel suo essere evocazione emozionale e Connessione, rivela la capacità di penetrare la realtà nel suo più profondo metafisico e ontologico nucleo, là dove l’essere stesso si fa e si compone.
Grazie alla parola poetica il poeta è in grado di carotare la realtà, penetrandola in profondità e riportando così in superficie significati e sensi impossibili, legami, connessioni, nuove casualità e causalità.
La parola poetica va Oltre la patina del reale con cui il soggetto-agente si confronta ogni giorno, la tavola su cui si muovono gli oggetti del mondo in un perfetto e infallibile ordine di casualità predefinibile, il piano su cui lo scienziato sperimenta e riproduce il reale. Il poeta con la forza magica della poesia, ermetica e magica, si immerge nel reale e rivela i tratti di un essere che presenta connessioni nuove, connessioni irriproducibili se non nella produzione e osservazione artistica (e di qui lo scandalo dell’Arte: riprodurre connessioni irriproducibili).
Non si tratta di un’altra realtà ma di un Oltre (realtà), un luogo e un tempo anteriori ad ogni manifestazione concreta e quotidiana del reale. Non vi è necessariamente in questo processo di evocazione e di carotaggio del reale una finalità spirituale o mistica, non necessariamente si deve intendere che la parola coglie un piano sovra-dimensionale, divino, piuttosto la parola poetica riesce a ripensare i concreti, laicissimi e fattuali oggetti del mondo rileggendoli in significati nuovi e potentissimi, strabordanti di senso.
Ed ecco che allora si comprende perchè una crepa nel muro che corre lungo il soffitto e un ragno nero che zampetta fra i lembi screpolati di questa fenditura (Charles Simic) sono un’iconografia dell’esistenza umana più efficace di ogni altro possibile saggio sulla natura umana.
Concetto spaziale che rivela l’Oltre.

Giovanni “Kosmos” Agnoloni:

La parola connettiva (e quindi connettivista) diventa così elemento di scandalo della ragione e
di innesco dell’intuito, capace di ricollegare il significante al significato e di evocare immediatamente e senza forzature, nella sua essenza pregnante, la sostanza dell’oggetto che rappresenta. Dico “ragno” e colgo l’essenza del ragno, dico “crepa” e intuisco quella della crepa. Che, se vogliamo, sono “ragno” e “crepa” nel loro essere “limitato”, ma insieme qualcosa di più, l’impronta fossile di un’entità energetica che va oltre gli stretti confini materiali della loro identità fisica, che pur ne è imbevuta.
Riguardo al “divino”: la prospettiva è sicuramente aperta, nel senso che il canale di percezione che si attiva nella Connessione è quello della “verità” della rappresentazione. Il “far essere” mediante la
parola è un evocare in sé salvifico, perché rivela conduce al cuore di tutto esattamente come la contemplazione di una ciotola o di un bicchiere può portare a cogliere l’essenza dell’universo (scritti di notevoli fisici testimoniano in questo senso, collegando le risultanze della fisica quantistica a quella delle tradizione spirituali orientali).
L’elemento che “connette” è la quintessenza musicale, dunque vibrazionale, dunque energetica, della parola, che infatti è formata da suoni (vibrazioni/onde). Deus, in latino, Theòs, in greco,
vengono dalla radice sanscrita *div-, = *diu-/*diau-, che si ricollega all’idea di Luce, dunque di energia. Comunque la si guardi, resta il punto di fondo, quello della Fonte di tutto di ciò che esiste, tanto nel microscopico quanto nel macroscopico. Con questo “quanto” di fondo, o questa pulsazione ultima, la parola “poetica” (come il suono o qualunque altra manifestazione della vibrazione) ri-stabilisce una connessione. A questo punto, “credere” o “non credere” diventa una questione secondaria. L’importante è connettere e connettersi. E nel connettere/ersi, riconoscersi nella totalità come in ogni suo particolare.

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