Prima della sfida vera e propria ci è stato spiegato il funzionamento della scheda e diversi interventi illustri ci hanno anche introdotto alla storia del cappelletto, alla sua evoluzione dalla comparsa nel convento di suore a Faenza nel 1700 fino a Pellegrino Artusi.Abbiamo ripassato tutte cose che abbiamo sentito dire e visto fare dalle nostre nonne decine di volte. Il fatto che il cappelletto vada preparato e chiuso il giorno prima, che nasca cotto in brodo (e che possa poi eventualmente essere condito anche con il ragù ma sempre dopo la cottura in brodo), che il piatto ottimale deve comprendere 24 cappelletti (fonte Pellegrino Artusi).Un aspetto che mi ha colpito, proprio come accadde quando partecipai al corso di piadina romagnola, è che non esiste il cappelletto unico. Come ogni elemento fortemente radicato al territorio ha mille sfaccettature. Tanto che ieri sera l'affermazione finale della presentazione è stata “chi afferma che esiste il cappelletto vero ed originale è un imbecille”. Quindi il cappelletto cambia, proprio come la piadina. Cambia di dimensione, cambia lievemente di forma, cambia il ripieno.Ad esempio se ci si sposta verso l'Emilia è facile trovare anche della carne nel ripieno, cosa ritenuta una bestialità nelle nostre zone. Questo accade perchè le zone centrali della Romagna sono state storicamente possedimenti Romani, che erano un popolo di grandi pastori di pecore mentre la zona dell'Emilia risente maggiormente dell'influenza dei barbari che erano mangiatori di maiale come se non ci fosse un domani. Tutto questo si è tramandato e possiamo affermare che ogni comune ha la sua ricetta originale, anzi ogni famiglia romagnola ha la sua ricetta originale.
Ma veniamo alla gara. I MdT erano presenti con il Gran Visir e con il Babber, proprio per poter avere un'opinione trans-generazionale. Sin dall'inizio si sono visti i diversi approcci: il Babber si è scofanato una mezza dozzina di pacchetti di Fagolosi e un bicchiere di rosso per non arrivare affamato alle degustazioni mentre il Gran Visir è rimasto digiuno per non alterare il palato.La sfida è stata lunga ed impegnativa, almeno 3 ore per assaggiare tutti e 7 i partecipanti. La cosa che ha colpito subito la platea è stata la dimensione dei cappelletti, tutti molto piccoli, assimilabili ai tortellini. Solo verso la fine i cappelletti hanno assunto la dimensione che a noi è più famigliare.All'inizio la sfida ha fatto fatica a decollare, troppe le differenze rispetto a quello cui siamo abituati, alcuni giudici hanno anche dichiarato “se questi li presenti alla festa dell'unità te li tirano dietro” facendo intuire il disappunto per il livello. Il tutto ovviamente mitigato dalla diversità di abitudini.La sfida è comunque stata appassionante, anche perchè di questi tempi tutti noi, anche quando mangiamo un pinzimonio ad un aperitivo, ci sentiamo giudici di Masterchef. Poterlo fare quasi sul serio è stato molto divertente. Non so come si siano comportati tutti gli altri giudici ma devo dire che i MdT hanno preso la cosa molto seriamente. Ogni degustazione seguiva un suo rituale in modo da poter meglio apprezzare tutte le voci e dare indicazioni e valutazioni quanto più confrontabili.Alla fine i due giudizi erano spesso allineati.
Come concludere, forse dicendo chi ha vinto. Queste edizione è andata al ristorante la Mascotte di Russi e direi che nessuno ha avuto da ridire. Il prossimo autunno sfiderà gli altri vincitori nel master finale.
Complimenti a Slow Food per l'evento, lungo e faticoso ma comunque ben gestito e portato avanti negli anni con costanza. Non è facile gestire e rinnovare per sette edizioni una sfida così bella e divertente. Personalmente è stato molto utile per tornare ancora una volta ad apprezzare le mille differenze, le mille sfaccettature che il territorio Romagnolo (ma è così tutta l'Italia) può offrire, la biodiversità e le ricchezze che offre. Come MdT apprezziamo sempre tanto le tradizioni gastronomiche dei territori che attraversiamo e pensiamo siano una reale ricchezza da integrare e da non disperdere.