Disoccupazione, la voce del padrone

Creato il 03 agosto 2015 da Albertocapece

Nei giorni scorsi, con tutti i media affannati ad accendere cerini per simulare luci in fondo al tunnel, è giunta la notizia di un nuovo aumento della disoccupazione, un segnale molto grave sull’effettivo stato del Paese che di fatto viene nascosto dall’informazione main stream. Dico molto grave non solo in sé, ma anche perché per una serie di ragioni statistiche un certo aumento della disoccupazione  è più critica rispetto ad una analoga diminuzione; inoltre il dato bruto dell’occupazione è spesso fuorviante, anzi usato proprio per confondere e ingannare, privo com’è di altri dati necessari a comprendere cosa stia davvero accadendo.

E’ il caso degli Usa nei quali un Obama al lumicino e ormai consegnato alla pura retorica, usa il dato della disoccupazione per asserire che il buio è definitivamente passato e che l’occupazione è tornata ai livelli ai livelli pre crisi, vale a dire sul 5,3%. Anche in questo caso una mezza verità viene usata per dire una bugia intera, smascherata qualche giorno fa dall’economista Robert Reich . L’ex ministro del lavoro dell’amministrazione Clinton analizza il dato e in pratica lo paragona a una sorta di miraggio che svanisce non appena si cambi di prospettiva e di angolazione. Innanzitutto il dato si riferisce  a chi cerca attivamente un lavoro e dunque è iscritto nelle liste di disoccupazione, mentre non tiene conto degli scoraggiati che dopo gli anni di crisi sono enormemente aumentati. Nel 2008 il tasso di partecipazione, ossia il rapporto tra la forza lavoro totale e la popolazione attiva era del 65,8%  mentre oggi è del 62,8, uno dei più bassi di tutta la storia americana: dunque dire che le cifre dell’occupazione sono tornate sui livelli pre crisi è semplicemente una frode per nascondere 92 milioni di disoccupati o sottoccupati in nero.

Ma in fondo questo sarebbe il meno, Reich fa notare che le quote di lavoro recuperate dopo il tonfo della crisi sono comunque mediamente molto più modeste e prive di quelle tutele sociali che erano anche dal punto di vista salariale un valore aggiunto notevolissimo: “Molti del nuovi lavori sono impieghi da free lance o modeste attività in proprio o esternalizzazioni che non godono delle protezioni considerate acquisite trent’anni fa. Si tratta di due facce della stessa medaglia: è facile creare del lavoro quando esso è modesto. E dopo tutto lo schiavismo è un buon metodo per la piena occupazione.” Questo vuol anche dire che la sostituzione di attività tutelate e discretamente pagate con altre assai più modeste non è in grado di attivare la crescita della domanda aggregata che servirebbe davvero a rilanciare l’economia al di fuori dei fuochi artificiali e pericolosi delle borse e della finanza.

Reich porta un esempio di questa situazione parlando della feroce opposizione repubblicana  all’innalzamento del salario minimo federale oggi a 7,25 dollari lordi l’ora, opposizione assurda visto che la cifra è solo il 38% del salario medio (comprese ovviamente le retribuzioni ultramilionarie). Ma proprio in questo si rivela il disegno liberista di umiliazione progressiva e senza appello del lavoro: se si prende il salario minimo del 1968 e lo si indicizza semplicemente all’inflazione si avrebbero 10,1 dollari l’ora, ma  considerando il guadagno di produttività che si è avuto da allora ad oggi si arriverebbe a 21 dollari. Eppure anche questo pare troppo a quell’ 1 per cento di americani che possiedono oggi il 22% del reddito nazionale e il 40% di tutti i beni.

Ogni tanto per placare il malcontento dei poveri e degli impoveriti le grandi imprese fanno delle concessioni: “Ma non sono niet’altro che operazioni di relazioni pubbliche. Walmart che è il più grande datore di lavoro degli Stati Uniti ha annunciato di voler aumentare di un dollaro l’ora il salario dei suoi dipendenti meno pagati, portandolo a 8,25 dollari l’ora. A questo ritmo un dipendente a tempo pieno di questa azienda (e ce ne sono pochi) arriverà a prendere 17 mila dollari lordi l’anno, vale a dire una cifra che non consente di vivere nella maggior parte delle città americane, tanto che la soglia di povertà è fissata a 22 mila dollari. Così non resta che sostenere queste persone con aiuti alimentari, sanitari e per la casa che paradossalmente si configurano come sovvenzioni a Walmart. E naturalmente questo accade  anche per McDonald, Burger King e tutti gli altri. “

Ecco cosa si nasconde dietro le cifre trionfali dell’occupazione, figuriamoci dunque dietro quelle negative. E naturalmente la stessa cosa vale per i 5 milioni di mini job in Germania o per il precariato in Italia e Spagna, per i job act che la estendono, per la tragedia della Grecia ma per il lavoro in generale in tutto l’impero liberista dove ciò che luccica non è precisamente oro e lo si sente dall’odore. Sì ,le statistiche vanno anche annusate.