Dissesto idrogeologico: dati alla mano, oltre qualsiasi tragedia...

Creato il 03 novembre 2010 da Alessandro @AleTrasforini
Dati alla mano, il dissesto idrogeologico è per l'Italia un rischio sempre più grave e concreto.
Dinnanzi alle insistenti precipitazioni di questo inizio autunno, parte del territorio si va sfaldando come gelatina. Si contano così madri decedute abbracciando figli piccoli sotto fiumi di fango dal tetto entranti, si contano anziani separati da figli in pochissimi secondi.
Sfollati a migliaia, tentativi di arginare il fenomeno mescolando l'intervento di volontari della Protezione Civile e soldati.
In Italia manca, allo stato attuale, una mappatura attualizzata delle emergenze e delle zone potenziali di rischio.
Ad oggi, la possibilità di evitare certe catastrofi coincide con questioni di fortuna.
Stando a report del 2007 emessi dall'Apat (Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente e per i Servizi Tecnici, nds), sulla totalità degli 8191 Comuni italiani ben 5596 sono ritenuti a potenziale rischio.
In percentuali più impressive si tratta del 69% circa del totale territorio italiano.
Frane avvenute per circa il 6,6% del territorio nazionale, consegnando di fatto gli avvenimenti di questi giorni a miseri fatti di cronaca non eccezionali.
Sorge spontaneo valutare se, di fronte a potenziali cambiamenti climatici innescati dalla corsa al troppo intrapresa dall'uomo, la situazione non sia in qualche modo destinata a peggiorare o, quantomeno, cronicizzarsi.
Al di là degli aspetti tecnici, può l'uomo fare qualche cosa per limitare queste tragedie?
A bocce ferme, pochi stanno realmente facendo ciò che sarebbe necessario provare ad intraprendere.
Dal 2008 ad oggi, tanto per scriverne una, sono stati dimezzati i fondi destinati ad arginare e prevenire il rischio di dissesto idrogeologico.
Attualmente si aggirano a poche centinaia di milioni di Euro, cifre assolutamente inadeguate per lo studio e la ridefinizione del fenomeno e dei criteri di rischio.
Aggiungendo al calderone anche lo squilibrio introdotto e perorato dell'abusivismo edilizio, quello che si ottiene è un cocktail paurosamente esplosivo. Oltre qualsiasi realtà, non si guarda al futuro più lontano.
L'Italia, eppure, dovrebbe essere un Paese ottimamente predisposto ad affrontare certi rischi:
"L'Italia per il modo in cui è fatta è un paese fragile dal punto di vista della stabilità del suolo e dell'equilibrio idrogeologico, è un dato oggettivo, ma proprio per questo le politiche di tutela del territorio e di messa in sicurezza dovrebbero essere priorità per ogni governo."
E' questa l'opinione del parlamentare Pd Roberto Della Seta.
Dimezzando i fondi, si rischia di sminuire concretamente l'emergenza.
Problema che non è un mero fatto secondario, ma una realtà sempre più attuale: al di là di qualsiasi tecnicismo possibile.
Per non scrivere poi dell'altro oceano di problemi legato all'insicurezza degli edifici, guardando ad esempio al solo filone dell'edilizia scolastica: è inutile sparare sull'ambulanza, appunto.
Si dovrebbe, contrariamente alle abitudini italiane, investire in prevenzione.
Fattore sconosciuto alla maggior parte degli italiani, costretti a fare i conti con una precarietà onnipotente.
La "messa in sicurezza" dell'Italia potrebbe costare, stando a dossier di qualche mese fa, all'incirca 4,1 miliardi di Euro.
In fatti concreti, questi soldi servirebbero per realizzare un'immensa "sommatoria" di piccoli micro-interventi: sistemare torrenti o canali, fare manutenzione ad argini, ecc...
Manutenzioni distribuite su tutto il Paese, indistintamente dagli interessi ma privilegiando tassi di rischio ed emergenze.
Scrivere di tantissimi micro-interventi equivale, in termini lavorativi ed economici, a parlare di incentivi all'occupazione ed alla creazione di posti di lavoro.
Conviene quindi alle autorità permeare il Paese di interventi microscopici e poco propagandistici? Sicuramente no, in quanto tergiversare equivalenti fondi su grandi appalti converrebbe a grandi aziende realizzatrici ed a tasse pagate dai contribuenti all'erario statale.
Non curare il rischio di dissesto idrogeologico costa, attualmente, circa 1,2 miliardi di Euro l'anno ai contribuenti italiani.
E' una vera e propria tassa, capace di togliere circa 22 Euro l'anno ad ognuno di noi.
Secondo gli ultimi studi, per ripianare il rischio di dissesto si potrebbero spendere le stesse cifre messe in conto per realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina, creatura dall'inutilità pressochè assoluta.
In fondo, chissà, qualche morto in più conviene all'economia disastrata di questo Paese.


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