Distacco e coinvolgimento

Da Bruno Corino @CorinoBruno


Omaggio a Norbert Elias
In ogni situazione interattiva esiste una linea di demarcazione che divide un comportamento prescritto dall’ordine sociale da un comportamento non prescritto. Possiamo definire una situazione condivisa quella situazione in cui ciascun agente sa in anticipo cosa aspettarsi e cosa non aspettarsi. Una tale interazione per verificarsi presuppone un’identità di vedute, nella quale i rispettivi punti di vista che partecipano all’interazione risultino essere conformi. Quando tra i rispettivi punti di vista sussiste questo principio di conformità, l’esito atteso è dato come scontato, come ovvio. L’esito dell’interazione dipende dalla situazione sociale entro la quale gli agenti vengono a trovarsi; pertanto, l’agente non ha bisogno di esercitare nessun tipo di pressione per avere ciò che gli spetta; non ha bisogno di suscitare nell’altro un minimo di affetto, di interesse o di emozione, così come non ha bisogno di intimorire, sfidare o “ammiccare” per avere ciò che gli spetta.
Quando l’esito è scontato, allora la sua riuscita non dipende dal coinvolgimento del Sé, ma dipende dal peso della situazione. La regola presiede alla situazione condivisa ed esclude dunque qualsiasi coinvolgimento del Sé (o del proprio punto di vista). Ciò che conta nella interazione è soltanto il «peso specifico della situazione». Se parliamo di un comportamento reciprocamente condiviso, possiamo anche dire che la «pressione sociale» ha livellato a tal punto il Sé degli agenti, che partecipano all’interazione, da annullare completamente il loro peso. Il Sé cioè è esonerato dall’esercitare una qualsiasi pressione per vedere realizzato ciò che si prefigura, in tal caso, gli agenti non hanno bisogno di impegnare il Sé. L’unico compito a cui è chiamato è osservare se l’altro Sé rispetti i limiti imposti dalla relazione. Cioè che si richiede è una reciproca presa di distanza dal sé altrui.
Non essendo affatto coinvolto, il Sé appare come alleggerito dalla situazione, perciò l’agente può osservare la situazione interattiva con il massimo distacco. Soltanto nel moment in cui si osserva che i limiti imposti dalla relazione non siano rispettati si ha un coinvolgimento reciproco del Sé. Possiamo definire una situazione di massimo distacco quando non si ha il minimo coinvolgimento del Sé. Si ha un coinvolgimento ogniqualvolta non si rispetta il limite imposto dalla relazione. In una situazione di massimo distacco, l’agente è completamente indifferente al sé altrui. La sua attenzione si concentra sull’osservazione o il controllo del rispetto dei limiti imposti dalla relazione. Potremmo anche dire che in tal caso gli agenti non sono interessati al Sé, ma soltanto al rispetto dei limiti. In una situazione di distacco, esiste un ambito del Sé che è sotto il reciproco controllo.
In ogni interazione sociale esiste un ambito del Sé (che possiamo individuare sulla base appunto del tipo di relazione che intercorre tra gli agenti) che viene “esposto” all’altro, quello che si mostra all’altro e che è soggetto al reciproco controllo sociale. L’aspetto del Sé che viene esposto all’altro, in una determinata relazione, è la parte del Sé su cui un l’altro agente può esercitare un controllo. Ad esempio, in una situazione sociale in cui gli agenti non hanno alcun rapporto, se non quello di trovarsi a vivere un’identica circostanza, vige il rispetto delle reciproche distanze. In questo ambito interattivo (il rispetto delle reciproche distanze), scegliere quale sia la distanza da tenere non è una decisione che spetta agli agenti. La misura delle distanze non è un ambito disponibile agli agenti, bensì diventa un ambito disponibile al controllo sociale, cioè diventa un ambito regolato dalle “comuni” pratiche sociali. Infatti, le distanze da tenere in ogni situazione sono decise dalla stessa situazione: ad esempio, la situazione può imporre di avere un tipo di contatto fisico molto vicino (intimo), come accade quando si fa parte di una ressa; così può imporre di sedersi vicino a qualcuno quando tutti i posti sono occupati.
Il Sé non esercita nessuna forma di controllo sul sé altrui, ma esercita soltanto un controllo sul rispetto dei limiti. Finché gli agenti rispettano i limiti imposti dalla situazione, questa risulta essere sotto controllo. In altri termini, è la situazione sociale che decide come devono comportarsi gli agenti partecipanti all’interazione. Ogniqualvolta un agente non rispetta un limite, l’altro si sente autorizzato a richiamarlo all’ordine, in virtù della forza cogente del rispetto del limite. La situazione sociale è il “codice” che prescrive ad ogni agente come bisogna comportarsi in determinate circostanze. L’agente si richiama al codice prescritto quando c’è da ammonire qualcuno, allo stesso modo in cui un giudice si richiama al “codice penale” quando deve infliggere una pena a qualcuno che ha commesso un illecito. Come non è nelle prerogative del giudice stabilire cosa è lecito o illecito (in quanto lo definisce il codice penale), così non è nelle prerogative dell’agente stabilire di volta in volta le regole del comportamento condiviso. Entrambi si limitano ad interpretare ed applicare quanto il codice prevede: l’agente come il giudice è colui che controlla quanto il codice prevede, ma non è in loro potere decidere cosa il codice deve prevedere. Come il giudice è sotto il controllo della legge così i comportamenti condivisi sono sotto il controllo della relazione sociale.