“Per me erano come delle grandi vele. Una sorta di volo, che è poi il tentativo di rubare il fuoco al sole”
Così Carla Accardi di fronte ai suoi lavori in plastica. Ebbene, anche le stampe in pvc trasparente di Lisa Castellani si distaccano dal muro e, nella loro attraversabilità visiva, sembrano muoversi e liberarsi nello spazio, assumendo una condizione di impalpabile consistenza e leggerezza. Ma a differenza della Accardi che per mezzo della trasparenza inseguiva la luce e la rigenerazione dei segni, Castellani insegue la smaterializzazione delle immagini. Gli indizi del suo occhio o del suo corpo impressi sulle superfici non si irrigidiscono mai in forma, bensì realizzano un interscambio continuo tra interno ed esterno, tra dentro e fuori. E’ l’idea di transfert, di transito ad interessare l’artista: è il bisogno di vedere oltre il limite abituale, ad affascinarla. In questo modo l’autorità dell’opera è continuamente messa in questione, incrinata, erosa. Lo sguardo può “passare attraverso”, perchè la sua realtà è relativa e parziale, fluida e sfuggente. E’ quello che suggeriscono le immagini dei palloncini (della serie Tir-nan-Og) che si librano nello spazio come figure incorporee: essi si fanno sempre più piccoli, come se, allontanandosi, evocassero un respiro che si perde, un’anima che ne va. Ma lo stesso discorso può valere anche per quei fiori stampati su rame (Terrains Vagues) che sembrano dileguarsi sotto gli occhi, alla pari dei luoghi semi-abbandonati in cui sono stati fotografati. Qui succede come nei dipinti di Friederich, dove il viaggiatore, nella pienezza della sua solitudine, non guarda la natura, ma guarda la distanza nel tentativo vano di colmarla. La distanza infatti non è uno spazio misurabile o una dimensione definibile: non è reale, non è materiale, è lo stadio dell’altrove. Castellani sa che non può raggiungerla né tantomeno abitarla: e allora la interroga, la circuisce, imita l’effetto di vertigine che essa custodisce in sè. E lo fa (ad esempio) riportando su di un telaio da ricamo la sconfinatezza del cielo (Skyhunter) o riproducendo su di una lavagna un paesaggio innevato e quindi nascosto, quasi irreale (Chalkgarden). E’ come se lei cercasse di dare plausibilità anche a ciò che è inattingibile, credibilità anche a ciò che appare misterioso.
La sua è un’arte che procede per stratificazioni di spunti imprevisti, per addizione di restauri, ritrovamenti, tracce: è “una storia che contiene molte storie”, è la “rete dei possibili” per arrivare ad alludere all’impossibile distanza, al suo senso di vuoto e di sospensione. In fondo, nel procedimento di Castellani, niente è mai davvero finito: si è sempre nell’imminenza di una rivelazione che non si produce, nell’attesa di un segreto che non viene svelato (o che viene svelato solo per dettagli): un po’ come nel gioco infantile in cui si costruiscono mondi di fantasia che svaniscono alla pari di scritture sull’acqua. Ma proprio come un bambino l’artista pare divertirsi nella ripetizione del suo “gioco”, sia quando nella performance Waves of me tenta di far volare un aquilone con il proprio volto stampato sulla superficie (“per vedere lo spazio da diversi punti di vista”), sia quando produce “buchi” nel linguaggio (come le trasparenze, le sfocature, i tagli d’immagine), perchè solo con quest’opera di trivellazione il linguaggio manda fuori quello che sta annidato, imboscato in esso. Così, alla fine, tutto si apre a tutto: l’intimità dialoga con l’esteriorità, la sfera privata con quella pubblica, l’esistenza dell’autrice con quella del pubblico. E ogni volta – come afferma la stessa Castellani – si ridefiniscono i reciproci confini.
Lisa Castellani
Distance/Proximity
dal 27 maggio al 1 luglio 2011 a cura di Luigi Meneghelli
Inaugurazione della mostra: venerdì 27 maggio dalle 18 alle 21
Finissage della mostra: venerdì 1 luglio dalle 18 alle 21
Kn Studio – San Giovanni in Valle, 19
37129 Verona – Italia
tel: +39 045 8949773
sito: www.kn-studio.it