Distanze tra edifici, quando non è necessario il rispetto dei 10 metri?

Creato il 18 novembre 2015 da Ediltecnicoit @EdiltecnicoIT

Con il decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, è stato stabilito un minimo assoluto per le distanze tra edifici: 10 metri, tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. Ma è sempre necessario rispettare il vincolo delle distanze tra edifici? No, tale imposizione non è poi così assoluta e vediamo perché.

La conferma arriva dalla giurisprudenza che si è espressa in merito all’annullamento di una concessione edilizia, basato sull’erroneità della tesi del Comune e dell’appellante per cui “chi costruisce dopo è tenuto a rispettare la norma sulla distanza dei fabbricati ancorché il fabbricato confinante sia in tutto o in parte abusivo” (Consiglio di Stato Sezione IV, 21 agosto 2015, n. 3968).

Infatti non è stato valutato condivisibile l’assunto che la distanza legale debba essere misurata tenendo conto anche delle opere abusive confinanti, quale, appunto, la veranda chiusa dal contro interessato, poiché questa tesi condurrebbe, nella specie, al risultato aberrante che, a causa dell’illecito ampliamento dell’edificio, la ricorrente si vedrebbe costretta ad arretrare il proprio manufatto rispetto alla sua legittima ubicazione originaria.

L’appellante indica la giurisprudenza che qualifica come vere e proprie costruzioni le parti dell’edificio avanzate che siano destinate ad estendere ed ampliare la consistenza del fabbricato o comunque rientranti nel concetto civilistico di corpo edilizio avanzato o aggettante.

La situazione di abusività dell’opera rivela le ragioni della sua infondatezza. E gli orientamenti giuridici sono applicabili nel senso che si possono imporre alla costruzione erigenda il rispetto dei 10 metri solo se i corpi in questione sono legittimamente realizzati o comunque destinati ad estendere la consistenza del fabbricato cui afferiscono, trovando in questo caso applicazione le norme sulla prevenzione edilizia e sul conseguente rispetto delle distanze tra edifici.

Pertanto la semplice preesistenza di un passetto o di una scala non suscettibili, ai sensi delle norme urbanistiche, di essere utilizzati per un ampliamento volumetrico dell’edificio non costituiscono situazioni edilizie rilevanti e quindi idonee a legittimamente imporre il rispetto dei 10 metri lineari minimi, richiesti per le distanze tra edifici, alla erigenda costruzione frontista.

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