Rimaniamo nell'ambito del cinema di genere però 'sta volta abbandoniamo l'Italia, abbandoniamo l'horror e facciamo un salto oltreoceano. Non ho specificato QUALE oceano, perché in effetti District 9, film del 2009 diretto da Neill Blomkamp, è una produzione USA, Nuova Zelanda, Canada eSud Africa. E dietro tutte 'ste nazioni pronte a mettere soldi in un progetto matto e fatto come questo, Peter Jackson, che l'ha voluto e ci ha visto giusto.
District 9 è un film di fantascienza ma non solo, perché affronta temi reali in modo estremamente realistico come l'apartheid, la xenofobia e la segregazione razziale. Tratto dal cortometraggio Alive in Joburg (cliccate qui per vederlo) dello stesso Blomkamp, è una bomba che è esplosa facendo incetta di premi e riconoscimenti e ottenendo persino quattro nomination all'Oscar, tra i quali quella come Miglior film.Una razza non umana è obbligata a vivere sulla Terra in un luogo simile a un centro profughi: il Distretto 9. Improvvisamente questi alieni, chiamati "Non Umani" e controllati dalla Multi-National United (MNU), una compagnia che sfrutta la tecnologia aliena, troveranno uno spirito affine in un agente del governo che è stato esposto alla loro biotecnologia e tenteranno la fuga (da filmscoop.it)Costato circa trenta milioni di dollari e accompagnato da una campagna pubblicitaria coi fiocchi, District 9 è riuscito nell'arduo compito di far innamorare ancora una volta il mondo della fantascienza. E non di una fantascienza qualsiasi ma di quella che riguarda gli omini verdi (anche se in questo caso si tratta di
gamberoni) provenienti da un altro pianeta. Una tipologia che ormai ha stancato ma che in questo caso viene riproposta in maniera nuova e originale. In primo luogo perché i cattivi siamo noi e non loro, in secondo perché si fondono mokumentary e cinema d'azione dando al tutto un'impronta pulp, molto pulp, e a tratti splatter.In District 9 la razza umana non finisce per farci una bellissima figura: violenti e sciocchi, avidi ed egoisti, gli umani non solo non hanno imparato nulla dagli errori del loro passato, ma continuano a perpetuarli nel presente ai danni di chi, di volta in volta, ha la sfortuna di essere una minoranza. E quale minoranza è più minoranza di alieni che per un guasto al motore si ritrovano soli e sperduti su un mondo che non è il loro e che guarda a loro come mostri pericolosi e ripugnanti? Così gli sfortunati gamberoni vengono presi e ghettizzati, sfruttati e maltrattati da gente che non solo non se ne chiede il motivo ma sfoga su di loro tutte le frustrazioni che non possono sfogare sui propri simili.
In tutto questo Wikus Van De Merwe, in qualità di protagonista umano/non più umano, si ritaglia l'attenzione del mondo intero (e dello spettatore) passando dall'essere agente governativo, e quindi buono, a cospiratore e simpatizzante dei non-umani, quindi cattivo. Un passaggio che però non muta la natura stessa del personaggio, presentato inizialmente come un inetto, arrogante e crudele e trasformato poi in mutante inetto, arrogante, crudele e con l'acqua alla gola pronto a sacrificare chiunque, persino i bambini (alieni, ovviamente) pur di salvarsi. Perché la natura umana è quella e non può cambiare a meno che l'umano non diventi un non umano, e persino l'amore, il più forte tra i sentimenti, deve piegare il capo di fronte all'utilitarismo economico e militare ma soprattutto all'arroganza di chi crede di essere il migliore, sempre e comunque. L'evoluzione del personaggio è quindi lenta, inesorabile quanto la sua trasformazione e per questo realistica e in grado di appassionare un pubblico abituato a buoni che diventano cattivi e cattivi che diventano buoni in un battito di ciglia.Anche per questo District 9 è un film diverso. Guardarlo genera nello spettatore un senso di sconfitta che in certi casi quasi diventa disgusto. Un senso di impotenza nei confronti di forze più grandi delle nostre, non solo quelle governative che tutto manipolano e di tutti si servono ma anche di quelle naturali, che non si limitano alle tre o quattro leggi che conosciamo e ci illudiamo di dominare.Il film è girato benissimo, Blomkamp si rivela abile nel dosare i diversi aspetti di una pellicola polivalente e c'è da non crederci che questo sia il suo esordio ufficiale. Certo, si sarebbero potute evitare certe lungaggini, ma il film gira bene e non annoia (quasi) mai. La scelta di mostrare tutto e amplificare la forza di certe immagini attraverso l'uso di riprese (finto) amatoriali è coraggiosa e quanto mai azzeccata, nonostante uno stacco tra prima parte e seconda - più classica - evidente e abbastanza netto. Sharlto Copley, al suo esordio, fa una bellissima figura: è lui il mattatore del lungometraggio e c'è da dire che il ruolo non era dei più semplici. Lui lo gestisce perfettamente e si rivela uno degli artefici nella la riuscita del film. Anche gli altri attori però non sfigurano e il make-up è incredibile come del resto tutto il comparto effetti speciali. Gli omaggi si sprecano perché i rimandi agli esordi splatter di Jackson ma anche a film come La Mosca o alla fantascienza action di Cameron sono evidenti, ma District 9 ha un'identità tutta sua, fortemente indi come i film di Richard Stanley che a tratti ricorda (sto deserto persistente, assassino e patria di reietti ha però anche forti influenze carpenteriane). Vedremo come andrà l'imminente sequel District 10 e se il successo e i soldi hanno dato alla testa di regista e attore. Per quanto riguarda questo film, invece, alla fine resta un senso di malessere negli occhi e la sensazione che per una volta la fantascienza non sia stata così tanto lontana dalla realtà.