Le libere associazioni possono portare molto lontano, Freud, che era un tipo acuto, l'aveva capito. Prendete l'incipit dell'ultimo post, ebbene, questo post nasce da quell'incipit.
E' l'amore per il paradosso che spesso fa dire di non essere seri quando si dicono cose serie, del resto è lo stesso amore per il paradosso di quanti, sicuramente troppi, fanno il contrario! Comunque, scherzi a parte, non prendetemi sul serio, sarebbe un peso insostenibile.
L'amore per il paradosso dicevo, e il pensiero corre a Carmelo Bene, grandissimo personaggio che rovesciando il titolo della celebre opera di Diderot fu l'attore del paradosso. Era il 1996 ed ebbi la fortuna di vedere il suo Macbeth horror suite al teatro Argentina, rappresentazione dell'irrappresentabile fino a quello straordinario atto finale in cui l'attore solleva il palco e lo scaglia verso il pubblico quasi a volerlo schiacciare. Come Jimi Hendrix distruggeva la sua chitarra alla fine di ogni concerto perché dopo una sua esibizione quella stessa chitarra non potesse essere nuovamente suonata, così Carmelo Bene voleva distruggere il suo pubblico perché dopo aver assistito al suo teatro non ne vedesse altro.
Carmelo Bene, con il suo teatro, ha ricordato più di chiunque altro che "la vita è solo un'ombra che cammina, un povero commediante che si pavoneggia e si dimena per un'ora sulla scena e poi cade nell'oblio: la storia raccontata da un idiota, piena di frastuono e di foga, e che non significa nulla." (W. Shakespeare, Macbeth, Atto V, Scena V).
I STREGA
Girate intorno al calderone,
gettate dentro le viscere avvelenate.
Rospo, tu che sotto la fredda pietra
hai, per trentuno giorni e notti,
sudato veleno, preso nel sonno,
bolli per primo nella pentola magica.
TUTTE
Doppio, doppio lavoro e travaglio:
fuoco, brucia, e calderone gorgoglia.
Poi prendete la traduzione di Ugo Dèttore dello stesso pezzo:
I STREGA
Tutte attorno alla caldaia
Ne attoschiamo la ventraia.
Questo rospo che dormì
Trentun notti e trentun dì
A far fiel sotto una proda
Bolla primo in questa broda.
TUTTE
Dai e ridai, rimesta e attizza,
Bolle il brodo e il fuoco guizza.
La prima versione è drammatica, quasi prosaica nel linguaggio e le parole cercate, "fredda pietra", "viscere avvelenate", esprimono l'orrore della pozione che si sta preparando, quasi se ne sente il fetore. La seconda versione invece, con le sue rime baciate e accoppiate, è una danza quasi giocosa, la ricercatezza di termini desueti la rendono musicale. Probabilmente la prima traduzione è più fedele alle sensazioni che il testo originale deve suscitare, la seconda è più fedele al linguaggio del testo originale ed al gioco sonoro dei versi.
Le adoro entrambe ma confesso di avere un debole per la seconda versione, capace di dire cose terribili con la leggerezza del gioco.
Poi c'è una terza versione, spuria, apocrifa, non si conoscono le fonti e probabilmente si tratta di una manipolazione di un testo già ampiamente corrotto. Più che una versione è una variazione sul tema. Anche qui le tre streghe preparano qualcosa, di cosa si tratti lascio dire ai miei lettori:
I STREGA
La notte s’appresta, alta è la luna.
II STREGA
Più alte le stelle che il firmamento aduna.
III STREGA
Arpia grida: «Matura è l’ora».
TUTTE
Dai e ridai, rimesta e attizza
Bolle il brodo e il fuoco guizza
II STREGA
Carne fresca di giovane animale
Sogni d’arcangelo bello e passionale,
L’animale sgozzato all’ora nona
L’angelo quando il canto alla luna intona,
Una parte di carne e tre di sogni
Impasto lento per mille anni e tre giorni,
Carne e sogni impasta e intreccia
Con storto ulivo di robusta corteccia,
Taglia la carne con lama rovente
Ripieno di tempo e memorie dipinte,
Due gocce di vento e aroma di notte
Lascia a riposo in fredde grotte.
TUTTE
Dai e ridai, rimesta e attizza
Bolle il brodo e il fuoco guizza
III STREGA
Nel calderone versa la mistura
Lenta la fiamma e lunga cottura,
Crono paziente per nove lune
Mesta e rimesta e leggi le rune,
Ravviva il fuoco con sudore e fieno
Mestolo lungo di legno e veleno,
Spuma di storie prepara a parte
Zucchero a velo e battuto di morte,
Calore d’estate dolore d’inverno
Il brodo brama fermo governo,
Caligine di spezie e desideri
Infuso di peccato e aromi austeri,
Di buona sorte leggero tritato
Sorriso d'uomo malmenato,
Ribolle nel calderone la brodaglia
Di drago ferito aggiungi una scaglia,
In aria si leva uno stormo d’uccelli
Il tempo è compiuto disponi gli orpelli,
Ultimo il sangue e stille di quiete
Delle cuoche sia spenta la sete.
TUTTE
Dai e ridai, rimesta e attizza
Bolle il brodo e il fuoco guizza
II STREGA
Il piatto è pronto sia gran pasto
La carne è tenera, il vino guasto.
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