Seguo da qualche tempo un blog molto interessante sull’editoria araba e ultimamente spesso si è parlato di Amara Lakhous, anche grazie alla recentissima uscita del suo ultimo romanzo “Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario“.
Inutile negarlo, a colpirmi sono stati prima di tutto i titoli scelti da Amara. Divertenti, ricorrenti, brillanti e – si sa – l’abito fa il monaco eccome!
Da avida lettrice e soprattutto da arabista in piena sessione d’esame, sono corsa a prendere un romanzo di questo algerino mai sentito prima. La scelta però non è ricaduta sull’ultima pubblicazione, bensì sulla seconda “Divorzio all’islamica a Viale Marconi”.
Primo perché mi ispirava il titolo e secondo perché costava meno (io studio, di soldi ne ho pochi).
IL LIBRO
Edizioni E/O, Roma, 2010
Il libro si presenta per quello che è: diverso.
Il primo contatto è con una copertina illustrata, che da l’idea di un libro facile, quasi per ragazzi. I temi affrontati dall’autore invece sono particolarmente delicati: primo fra tutti e filo conduttore del romanzo è il divorzio così come è concepito in ambito musulmano. Ma poi si parla anche di halal e haram (lecito e illecito), di preghiera rituale, di moschee, di velo, di circoncisione femminile, di pilastri dell’Islam, di terrorismo, di sessualità.
Troppo, a mio avviso. C’è da ribadire che ho letto questo romanzo con gli occhi di un’arabista, che ha studiato islamistica e quindi già conosce tutti gli aspetti trattati secondo me con troppa leggerezza all’interno del testo. Vero è che quest’opera vuole essere prima di tutto un romanzo, ma non mi è facile capire la decisione dell’autore di riempirlo di nozioni che – secondo me – rischiano di essere confuse nella testa di una persona non preparata in materia.
Ma veniamo alla trama: lo schema del libro è formato da due personaggi principali, ovvero Issa alias il tunisino (che in realtà è un arabista siciliano che si chiama Christian) e Safia alias Sofia (una donna velata infelicemente sposata) che si alternano la parola un capitolo ciascuno. Insomma, due storie parallele ma estranee se non a tratti.
Christian è un arabista siciliano ingaggiato dai servizi segreti e inviato sotto copertura a Viale Marconi con lo scopo di sgominare due presunte cellule di terroristi islamici. Decide così di chiamarsi Issa e si insedia all’interno della comunità araba (principalmente egiziana) di Viale Marconi. Qui vive da immigrato e ne racconta i disagi con una chiarezza allucinante, ma quando invece parla di temi scottanti come sessualità, religione o uno qualsiasi di quelli sopra elencati, tende fin troppo spesso a tagliare il discorso con un “Ma non diciamo minchiate!” che lascia perplesso il lettore interessato.
Safia, egiziana del Cairo, racconta invece la vita da immigrata con un calore diverso, vivendola come una manna dal cielo e non come un disagio. Si rivela una donna molto decisa rispetto all’idea di donna araba sottomessa che abbiamo noi occidentali, indossa il velo per volere del marito, ma anche per decisione sua, come protesta nei confronti di una società ingiusta (la nostra) che tende a fare di tutta l’erba un fascio. Interessante da questo punto di vista un episodio di razzismo al mercato, durante il quale un uomo urla alla povera Safia – egiziana con il velo – ”Tornatene in Afghanistan con il tuo burqa“.
I due finiscono con l’invaghirsi l’uno dell’altra, per quanto la religione di lei e la religione di copertura di lui possano permettere, ma non c’è nessuno lieto fine tra i due.
Ecco veniamo al finale. No, no, non vi rivelerò cosa succede nel finale, ci mancherebbe!
Però, secondo me, è molto grossolano. Si nota, soprattutto se si legge il romanzo in pochi giorni, come la trama sia stata a tratti intensa e in altri tratti piuttosto veloce e vuota. Il finale, per esempio, sembra scritto in dieci minuti. Sono troppi – a parer mio – i discorsi lasciati in sospeso, troppe le cose non dette e troppo pochi i dettagli utili per poterle intuire.
NEL COMPLESSO:
Il libro è scorrevole e leggero, anche se per contenuti e titolo potrebbe sembrare un mattone. Libro da spiaggia? Why not.
Se siete completamente estranei all’islamistica e non sapete nulla di divorzio islamico o immigrazione (clandestina e regolare), leggetevelo. Ma attenti però, fatelo con le stesse aspettative che vi sentireste di riporre in un romanzo qualunque.
Mi dispiace per Lakhous, ma non l’ho trovato per niente eccezionale.
A CHI LO CONSIGLIO:
Al lettore medio, anche giovane. Ma mi sento di sconsigliarlo agli arabisti, ché rischierebbero come me di incagliarsi in una trama fin troppo leggera perché aggrappata a nozioni che abbiamo sentito e risentito. Insomma, noi arabisti li sappiamo i pilastri dell’Islam, e la storia svuotata di queste spiegazioni grossolane risulta semplice e inutile.