Tempi duri per gli USA e l’amministrazione Obama. Dopo lo scandalo delle intercettazioni e di Prism, arriva anche la raccolta del DNA a
Foto Ann Arbor (School of Natural Resources), licenza CC BY, modificata
scaldare il tema già scottante della privacy.
Infatti un gran numero di agenzie di polizia dei vari Stati raccolgono e catalogano in un database campioni di DNA di migliaia di persone.
A rivelarlo è il New York Times, la cui voce si aggiunge a quella di The Guardian e del Washington Post che la scorsa settimana avevano pubblicato lo scoop delle intercettazioni e del libero accesso a dati dei privati che veniva concesso all’NSA.
La raccolta del DNA si usa in molti Stati contro imputati di reati gravi e, anche negli USA fino a poco tempo fa costituiva una competenza esclusiva dell’FBI.
Ora invece, sulla scorta di una recente sentenza della Corte Suprema che avvalla la legittimità di una legge del Maryland, che consente alle autorità di raccogliere il DNA dalle persone arrestate per crimini gravi, le banche dati locali possono utilizzare questa pratica, gestendo le operazioni con regole proprie, con un margine di discrezionalità quindi molto ampio. Molto spesso inoltre la raccolta non viene fatta solo con i DNA dei soggetti previsti, ma vengono conservati spesso molti dati di innocenti o di persone che hanno accettato di darlo in cambio di uno sconto sulla pena o di un patteggiamento.
I dati citati dal quotidiano riportano che solo a New York la polizia ha formato un database contenente 11.000 sospetti criminali. Un numero enorme insomma.
Robert Mueller, direttore dell’FBI ha difeso l’ingerenza nella privacy dei privati da parte del governo e ha assicurato che queste operazioni vengono fatte per garantire una più efficace lotta al terrorismo. Annuncia poi che gli USA hanno aperto l’indagine su Edward Snowden, ritenuto responsabile delle rivelazioni sull’operato dell’NSA.
La questione però non è lontana da noi come può sembrare. Il Financial Times, infatti, denuncia un provvedimento della Commissione Europea del 2012 che ha abolito la clausola che vietava agli Usa di intercettare le telefonate e le email al di fuori degli Stati Uniti.
La privacy è un tema controverso e non c’è dubbio che elementi più o meno banali siano in grado di alimentare un fuoco che arde già di suo. Forse però, in una potenza come gli USA, lasciare tutta questa libertà di gestione dei dati personali (anzi personalissimi) altrui può considerarsi quantomeno azzardato.
Articolo di Sara Martinetto.