Prodotto da Echivisivi in collaborazione con Emblema Production e distribuito da Berta Film, nonostante certe evidenti ingenuità, il film colpisce per il suo essere un viaggio emotivo e morale (prima che storico e fisico) e per la sua diversità rispetto a tanti documentari girati su quanto accaduto in Italia dopo l'8 settembre 1943
Non c'è nessun trito e ritrito intento didascalico o nostalgico o eroicizzante. Nella Memoria degli ultimi Samuele Rossi incontra uomini e donne nella loro intimità discreta e riservataEcco il salto di qualità. Uomini e donne che parlano di sé, non della loro concreta azione nella Resistenza, appena evocata mentre ripercorrono ricordi ed emozioni, nel caldo protetto delle loro case o nel viaggio in macchina col regista verso i luoghi dove sono cresciuti o che li hanno visti combattere
Con un'umiltà che stupisce e commuove, quegli uomini e quelle donne ci raccontano perché hanno imbracciato le armi: non per ideali astratti, ma perchéspinti da motivazioni profonde (in primo luogo l'indignazione di fronte alle ingiustizie cui assistevano); spesso da ferite. Così è accaduto allanipotedi Matteotti, il cui primo amore rimarrà «con le foglioline verdi» per la sua morte prematura in guerra; o a chi ha assistito alle sofferenze inflitte al padre, obbligato a trangugiare olio lubrificante bruciato.
Il giovane regista toscano, presente a Bologna in occasione della proiezione del film – evento speciale del Biografilm Festival –, ci ha raccontato come si è sviluppato il suo progetto. Aveva iniziato raccogliendo interviste su interviste, che lo avrebbero portato a girare l'ennesimo documentario storico. Il che, si rese conto, non era nelle sue intenzioni. E cambiò rotta: selezionò gli incontri che più lo avevano toccato. Dopo un anno di montaggio, nasce La memoria degli ultimi. Un documentario “moderno” e nuovo, che serve oggi proprio in forza del suo sguardo fresco e umano. Semmai, presuppone la conoscenza dell'universo complesso della Resistenza italiana e della storia del nostro dopoguerra. O può invitare a conoscerlo. Benché non sia necessario per apprezzare il film e coglierne il messaggio.
Samuele Rossi è insomma riuscito, con delicatezza e rispetto, a entrare in contatto con “ultimi” molto “speciali”, a far loro ripercorrere ferite non del tutto rimarginate in un presente così diverso da quello sperato. Non è un documentario storico. È un documentario civile, e proprio perché attraversa un'umanità comune. E per questo si fa politico. C'è chi ha definito La memoria degli ultimi un documentario «crepuscolare», ha ricordato Samuele Rossi. Io lo trovo giovane e “aurorale”. Non credo ci sai bisogno di commemorare retoricamente la Resistenza, quanto di riscoprirla, nella sua distanza, per quanto può insegnarci oggi. Penso soprattutto alle nuove generazioni e a certa società civile. In quei partigiani, che il regista avvicina a noi invece di distanziarli in una prospettiva leggendaria, noi tutti potremmo, umanamente, trovare consonanze. Dato l'argomento trattato, non è cosa da poco.
(già, con varianti, qui: http://www.sulromanzo.it/video/docufilm-la-memoria-degli-ultimi-di-samuele-rossi)