Documentazione sulla pistola per narrativa crime

Creato il 03 giugno 2013 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

La pistola, si sa, è l’arma più utilizzata nell’ambiente criminale. Di conseguenza, viene menzionata molto spesso in quel tipo di narrativa che può essere indicata con l’etichetta “crime”. Avendo riscontrato con una certa frequenza errori banali riguardo le pistole e il loro funzionamento, ho deciso di scrivere delle note esplicative sulla base di quanto conosco per passione personale. Non essendo né un tiratore né un esperto di armi, mi limito a quel che so. Vi assicuro, in ogni caso, che le informazioni che seguono sono (seppur basilari) corrette.

Automatica o semiautomatica?

Quante volte ci è capitato di leggere frasi come “il killer estrasse la sua grossa semiautomatica e fece fuoco…”, o anche “impugnò la pesante automatica con entrambe le mani e fece fuoco tre volte, uccidendo l’uomo…” ?

Molte, direi.
Automatica e semiautomatica sono termini che spesso vengono usati in narrativa come sinonimo di pistola, per evitare ridondanze. Ma come tutte le parole hanno un loro significato preciso. Eccolo:

Automatica: Si definisce automatica un’arma da fuoco che non necessita della pressione del grilletto per esplodere ogni singolo colpo. In pratica, tenendo premuto il grilletto, l’arma spara tutti i proiettili che ha in caricatore.

Semiautomatica: Si definisce semiautomatica un’arma da fuoco che necessita della pressione del grilletto per esplodere ogni singolo colpo. In pratica, per sparare tre colpi devi premere tre volte il grilletto, e se lo tieni premuto non parte nessuna raffica.

Ora, ditemi: l’automatica vi ricorda un mitra? Sì. Bene, avete vinto un mappamondo (cit.), ma soprattutto avete capito che la pistola automatica non è altro che un’arma che ha la forma di una pistola e può sparare raffiche come un mitra. Esempi: Beretta 93R e Glock G18 (immagine di lato).

Ritornando alle frasi di cui sopra, vi accorgerete che, mentre la prima è corretta, la seconda è probabilmente sbagliata, poiché l’automatica spara a raffica ed è difficile sapere quanti colpi si è sparato.

Ci sono anche automatiche a fuoco selettivo, che permettono cioè di settare l’arma sia sul fuoco semiauto che su quello auto, come la G18 di cui sopra.
Ma se la cosiddetta automatica in quel romanzo viene usata sempre come una semiauto, perché non mettere una semiautomatica?

Ammazza quanto spari!

A volte gli eroi dei romanzi che leggiamo/scriviamo si trovano in mezzo a dei conflitti a fuoco, e lì tocca sparare. Ma se il nostro eroe ha un bel revolver .45, che è un’arma sempre di moda e oggettivamente bella e potente, non potete fargli sparare più dei sei colpi contenuti nel tamburo senza che perda del tempo a ricaricare!

Non sarebbe male avere in mente bene che modello di pistola usa il nostro e infor- marsi sul numero di proiettili contenuti nel caricatore.

L’arma si è inceppata!

Un altro classico è l’inceppamento dell’arma. Un trucchetto narrativo che crea una certa suspense, certo, ma che va usato con cognizione di causa.

Le pistole si inceppano. I revolver no, motivo per cui sono stati usati a lungo dalla polizia americana ben dopo l’invenzione della cosiddetta “pistola a caricatore”.

Se volete che il revolver non spari al momento giusto, potete sfruttare due cose:

- il numero limitato di proiettili presente in un tamburo.

- il fatto che un revolver, se cade violentemente, tende ad aprirsi, ovvero il tamburo esce di lato come quando si carica e di conseguenza i proiettili rischiano di cadere.

Io consiglio la seconda, perché la prima può essere usata solo se chi usa il revolver non sa quanti colpi ha a disposizione (esempio: l’ha preso da terra o dalle mani di uno che ha ucciso e non ha avuto il tempo di controllare il tamburo).

Direi che abbiamo toccato i tre problemi più frequenti. Buona scrittura!

Aniello Troiano 



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