Ci sono giorni in cui tutto ci appare bello e altri in cui proprio non ce la facciamo ad essere tolleranti e sorridenti, neppure in questa che da tutti è considerata la Terra dei Sorrisi.
Accompagnando una coppia di amici in visita qui a Bangkok da Roma mi sono prodigato anche nel tour di una delle zone che meno si abbinano con la mia personalità: PatPong!
A parte i soliti “menù” con i diversi tipi di prestazioni e show ai limiti della legalità e alle bancarelle allestite ogni giorno dalle 4 del pomeriggio fino ben oltre la mezzanotte (perchè durante la mattina e il primo pomeriggio PatPong è una semplice strada transitata da macchine) la mia attenzione non ha fatto che focalizzarsi su 2 tipologie di persone costantemente presenti in questa zona: le venditrici e gli italiani all’arrembaggio!
Parto da questi ultimi. Gruppetti più o meno nutriti di “maschi italici” si aggirano praticamente 365 giorni l’anno fra le bancarelle, con un filo di bava penzolante dalle labbra. Quasi ipnotizzati dalle scritte al neon dei numerosi go-go-girl bar e locali di strip, vagano pressochè senza una meta precisa, ciarfugliando commenti banali e stupidi sulle ragazze che, mezze nude, si contorcono sui pali per pole dance. Poi, come greggi al pascolo, tutti insieme migrano per il resto della serata, rimbalzando da un locale all’altro - praticamente tutti uguali - dove una birra costa solo 100 baht ma a fine serata non sai quante te ne verranno messe in conto, fra quelle bevute e quelle offerte! Ovviamente ai “maschi italici” si affiancano, in una competizione quasi rituale, mandrie di “hominidi germanici”, “stalloni purosangue arabi”, “machi ispanici”, panzuti anglofoni e super-spilungoni del nord Europa! Solo i tratti somatici fanno intuire le diversità di etnia; il comportamento, invece, sembra quasi dettato da istinti che si tramandano indipendentemente dalla parte del mondo da cui provengono! Io non voglio neppure azzardare la domanda “Scusa… ma che è una Super Pussy?” oppure “A Pussy Collection le espongono in formalina?” perchè non credo capirebbero la sottile ironia di essere loro le vere prede.
Poi ci sono “le venditrici”. Ovviamente ci sono anche i venditori ma chi mi ha particolarmente colpito sono le orde di donne che contrattano sui prezzi della merce, che si tratti di una t-shirt o di un ping pong show non fa nessuna differenza!
Sorridenti e cordiali quando si tratta di approcciare l’acquirente, iniziano rapidamente a guardarsi intorno per capire se una cotrattazione troppo lunga gli stia facendo perdere altri clienti. Se poi la negoziazione instaurata non prende la direzione desiderata i sorrisi improvvisamente spariscono dalla faccia; il tono della voce cambia e il volume sale. Altro che terra dei sorrisi… vendere è l’obiettivo, il resto non conta! Se alla fine poi non c’è accordo e la contrattazione salta allora scattano le parolacce (ovviamente incomprensibili perchè rigorosamente in tailandese), le linguacce e gli improperi per il “farang” (che indica tutti noi occidentali bianchi) che non ha voluto cedere alla cifra richiesta. L’assurdo per me è che il tutto si svolga attorno a 10-20 baht, cifra assolutamente irrilevante per chi è in vacanza e che magari, dopo neppure 5 minuti, senza pensarci un istante, si lascia fregare dal tuk tuk che chiede una cifra di molto superiore a quanto si pagherebbe in taxi ma fa tanto Thailandia e quindi chissenefrega! Quindi mi domando: perchè PatPong?
I viaggi danno una grande apertura mentale: si esce dal cerchio dei pregiudizi del proprio Paese e non si è disposti a farsi carico di quelli stranieri.
Charles-Louis de Montesquieu
Tags: bangkok, thailandia, patpong, ping pong show, mercato,
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