La ‘povna trova la telefonata persa di ritorno dalla dose di cloro del martedì, vigilia del suo giorno libero. Il numero è quello di Esagono. La ‘povna prova a richiamare, ma oramai sono le nove di sera, lascia solo quattro squilli; poi attacca, e tippetta: “Indovina? Ero in piscina” – (perché questo siparietto succede spesso) – “adesso però sono a casa, chiama pure senza problemi”. Esagono non richiama, e questo, nel codice della loro collaborazione lavorativa, è un messaggio per dire, senza parole: “Niente di (troppo) urgente: ci sentiamo domani pomeriggio, oppure direttamente giovedì, quando ci rivediamo a scuola”.
Così oggi la ‘povna, al termine dell’orario delle lezioni, ha fatto una pausa della stesura del Pof e dalla varie incombenze da massaia disperata del giorno libero.
“Pronto, Esagono, eccomi”.
“Ciao ‘povna, tranquilla, non era nulla di importante”.
“Lo immaginavo, comunque eccomi”.
“Volevo farti due domande”.
“Spara!”.
“La prima è: come mai ti sei candidata al consiglio di istituto, visto che vuoi chiedere il trasferimento?”.
La seconda domanda si perde nell’etere.
“Fammi capire” – vorrebbe rispondergli la ‘povna – “tu mi chiami alle 20.22 della vigilia del mio giorno libero, durante il tuo medesimo, per chiedermi perché mi sono ricandidata al consiglio?!”.
Invece (ed è cosa rarissima), resta senza parole.