Una storia corale è questa in cui Ishmael Beah racconta in “Domani sorgerà il sole” di un gruppo di uomini, donne e bambini, che tornano nel villaggio immaginario di Imperi dopo la fine del conflitto, che ha devastato la Sierra Leone.
I primi ad arrivare sono tre vecchi, due uomini e una donna, e il pietoso compito che si assumono per la comunità è quello di seppellire le ossa senza nome di chi è stato ucciso e abbandonato in una casa, in un campo, vicino al fiume.
I morti sono parenti, amici, vicini di casa.
Purtroppo le consuete tragedie d’Africa che nascono per avidità e sete di potere di uomini senza troppi scrupoli. Aguzzini tout court.
E che si ripetono, ora in questo ora in quel paese, senza soluzione di continuità.
E, naturalmente, nello sfondo, ma non troppo, il dramma dei bambini –soldato che è la peggiore delle sciagure che possa accadere a degli innocenti, privati all’improvviso e irreparabilmente, per sempre, della propria infanzia e fanciullezza.
I vecchi della storia, infatti, non vogliono che i giovani, tornando, trovino di nuovo ad aspettarli la morte.
Poco a poco la vita, tuttavia, nel villaggio riprende.
Riapre la scuola.
Con essa si alimentano nuove speranze per i sopravvissuti e i rientrati a casa.
Ci si ricomincia, ad esempio, a ritrovare in piazza la sera per ascoltare le storie.
Ma la pace dura poco, un'altra tragedia incombe: la devastazione ambientale e umana prodotta dalla miniera di una grande multinazionale.
E, allora, si è punto e a capo.
Corruzione. Indifferenza . Tribalismo. Nessuna opportunità d’inserimento nel mondo del lavoro per le giovani generazioni,costrette, loro malgrado,di nuovo ad andare via.
Guerra o non guerra, la stessa solfa insomma.
Sempre e solo aspettative tradite per la gente comune.
E oggi, con un richiamo alla realtà attualissima (aggiungiamo noi ), per giunta il dramma terrificante dell’Ebola a complicare, un po’ per tutti, le cose.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)