Domenica alla Masseria Santu Lasi

Creato il 31 gennaio 2013 da Filelleni

Quando si dice fortuna. Nel senso latino del termine, cioè “sorte” sia buona che cattiva. Fu sfortunato San Biagio, a cadere martire tre anni dopo la concessione della libertà di culto ai sudditi dell’impero. Ma fortunato a dare il nome a uno dei luoghi più deliziosi al mondo: la masseria “Santu Lasi” a Salve, immersa tra gli uliveti del Salento a due passi dalla sua punta estrema. Se siete da quelle parti, e non avete mai partecipato alla festa di Santu Lasi alla masseria, precipitatevi lì domenica prossima 3 febbraio alle ore 12. Vedrete la benedizione dei pani di San Biagio provenienti da Ruvo di Puglia (in forma di pastorale, mano, pesce, etc.) e l’inaugurazione della mostra “€œTrafori e trasparenze. L’arte del ricamo agli inizi del Novecento”. Ma soprattutto conoscerete il padrone di casa di quell’universo in miniatura, se non lo conoscete già: si chiama Vincenzo Cazzato, è architetto e s’interessa di giardini e di storia del paesaggio, quando riesce a non preoccuparsi della sua masseria. La mostra sui ricami l’ha pensata lui quando ha trovato antichi capolavori e riviste nei bauli di famiglia. Negli anni passati ha messo in piedi mostre sull’iconografia del santo e l’importanza dei suoi pani, sempre per la festa del 3 febbraio. Ma soprattutto è riuscito a portare una mare di gente alla masseria, il dì della festa: c’è la santa messa nella cappella, la benedizione dei pani, la banda che suona. C’è tutto il paese in festa, proprio lì a casa sua, in quel cortile piccolissimo che pare una piazza immensa.

Non è una casa qualsiasi: è una porta magica per un viaggio in un tempo da favola. E’ un complesso di edifici piuttosto piccolo, nulla a che vedere con le masserie oggi di moda. Fu costruito nel Cinquecento e poi ampliato e perfezionato col tempo, con fortificazioni sempre più efficaci. Gli ultimi lavori li ha fatti Vincenzo e non termineranno mai, perchè il suo è un restauro “leggero” fatto di controllo costante e risistemazione continua dei dettagli. I muri di cinta sono rigorosamente a secco, e ovunque si è sistemato e ricostruito con i materiali antichi. Certo, Vincenzo si è dovuto adeguare ai tempi, e ha ricavato piccoli appartamenti da ogni edificio: oggi si può abitare anche nella colombaia, nella stalla, nella mangiatoia. Ma gli impianti non sono invasivi e ogni particolare è curato, pensato, modellato dal tempo. Persino i pochi mobili sono costruiti a mano usando quel che si trovava lì attorno. Lì dove c’è il Salento più vero fatto di terra, ulivi, pietre. La masseria occupa un’altura e lo domina tutto. Da lì lo sguardo spazia all’infinito, anche se lì persino l’infinito è a misura d’uomo. Persino il mare. Non spaventa, è domestico. Perché basta abbassare lo sguardo e posarlo sui muri, le aie antiche, la pajara, il viale segnato da pietre che paiono antichi menhir (e forse uno lo è davvero), per intuire che ovunque c’è un ordine, un pensiero, uno scopo. Che lì Santu Lasi – in ogni pietra incisa, nicchia, muro o tegola – c’è davvero.

Effe



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