Domenica di cuori trafitti (al gelsomino) e sinestesiche “correspondances”

Da Lasere

11 dic 2011 @ 18:21

Tè, arte e poesia, dalla Cina, tè bianco, tè profumato

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Da poco tornata dai miei tre giorni romani, avrei da radunare i consueti minuzzoli: le cose scoperte e quelle dimenticate, i quadri percorsi, le bufferìe del mio viaggiare da Sbirulino. Ma rimando.

Oggi è domenica grigia di piacevole malinconia, di quelle che tutto è molto fermo in bilico e piace così, da smuoverlo meno che puoi.

Allora leggo di Gauguin, di Bernini e Borromini, riassaporando quel che ho visto e preparandomi a quel che vedrò; poi in una pausa vi racconto il tè che ho scelto da contrappeso, da starci immersa tutto il dì, e che mi fa i pensieri soffici, frivoli e romantici come piumini da cipria… Ma sospetto sia un effetto collaterale fin troppo intuibile dall’apposito apparato fotografico, di rara sobrietà ;-)

C’è chi sostiene che le foglie di tè non vadano toccate con le mani… Bene: io il tè lo risveglio col tepore che è mio, con dita e palmi e anche respiro, sempre, prima di farne liquido da bere. Ingiusto mi parrebbe semmai il contrario: privarci di questi intimi convenevoli, di questo preliminare allettarci a vicenda. Poi va be’: certe volte, se il tè mi dà spago, la cosa come vedete finisce per prenderci un pochino la mano ;-)

E’ uno dei sei nuovi “sentieri” tracciati da Acilia, e di preciso quello che porta al Jasmine Yin Zhen, ovverosia a un tè bianco di soli germogli profumato per contatto con fiori di gelsomino, secondo l’antica procedura di cui parlammo qua.

Le gemme ancora chiuse sono seta al tocco, lamelle di luce alla vista.
L’aroma di gelsomino si è legato stretto alla loro pelliccetta color di luna, ma disciplinato, premuroso: cosicché al naso sale di corsa come da un calice brindante, nitido e pungente di note fioritissime, rivelando persino una punta quasi canforata che allarga il respiro e che evolve poi, col procedere delle infusioni, in un freschissimo sentore di finocchietto selvatico (sfumatura che, mi accorgo, riscontro solo nei tè al gelsomino di migliore qualità); ma è un’esuberanza che si mantiene ben lontana dallo spegnere la tenerezza dei germogli, la loro morbida succosità e leggerezza di nuvola, assolutamente incapace di qualsivoglia sgarbo o asperità in tazza.

Una volta infuso scivola in gola con impertinenza d’acqua di ruscello quando si ha tanta sete, e di questa ha la luminosità cristallina, il corredo di guizzi e bagliori; poi si fa miele tiepido delicatissimo, infine bacio: dispiega un che di provocante che si allarga lento, denso, determinato; e lì dove arriva resta, resta, resta.

Il richiamo alla poesia pascoliana può parere scontato, quando si parla di tè al gelsomino; ma mai mi è parso necessario come stavolta, mai così compiutamente suggerito, per via di un fitto chiamarsi a vicenda di erotismi scritti e infusi: di calici aperti, di petali un poco gualciti, in un susseguirsi di sensuali sottintesi.

E’ un tè candido. E’ un tè sfacciato. Un tè che va lasciato fare, come si fa con gli amanti delle cui astuzie ci si fida, come fossimo uno. Talmente puro, talmente allusivo, da avermi spinta a ripescare i Baudelaire e i Rimbaud dei miei vent’anni, nelle file più antiche della libreria, in cerca di una didascalia sufficientemente ampia e lungimirante…

«La Natura è un tempio ove pilastri viventi
lasciano talvolta sfuggire confuse parole;
l’uomo vi attraversa foreste di simboli
che l’osservano con sguardi familiari.

Come lunghi echi che da lontano si confondono
in una tenebrosa e profonda unità,
vasta come la notte e come il chiarore del giorno,
profumi, colori e suoni si rispondono.

Vi sono profumi freschi come carni di bimbo,
dolci come òboi, verdi come prati,
- e altri, corrotti, ricchi e trionfanti,

che posseggono il respiro delle cose infinite,
come l’ambra, il muschio, il benzoino e l’incenso,
che cantano i moti dell’anima e dei sensi.»

Charles Baudelaire, Corrispondenze, in I fiori del male
(nella traduzione di Attilio Bertolucci)

E nonostante adesso sia alla terza infusione delle stesse foglie, io no, proprio non ci credo, che non riusciate a sentirne l’aroma anche da lì :-)


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