Domenica di pioggia, tè verde coreano e scombinati pensieri

Da Lasere


Domenica di pioggia. Poco lontano nevica, mi dicono, invece qui il freddo ancora esita, liquido.

Il cucciolo si annoia, irrequieto: si affaccia alla porta, controlla se per caso non abbia smesso, poi sbadiglia, morde la tenda scava angoli di muri ruba i legni per la stufa, sonnecchia, strapazza il suo Pluto di gomma (di quelli buffi col suonìno, dentro).

Il fuoco stenta, lo riattizzo e incoraggio ogni cinque minuti; stenta anche il resto, ma lascio correre. Poi ricevo una mail che cita Jung, e quel connaturato bisogno di appassionata spiritualità che talvolta prende forme bizzarre e oblique, fruga sembianze non ancora corrose e spinge, e sbuca; considerato il mittente, mi distrae un pensiero: quante persone “speciali” – tali per me, almeno, che ho parametri così bislacchi capricciosi intransigenti – ho avuto il privilegio di incrociare grazie all’amore comune per il tè? Non molte, mi rispondo con una certa soddisfazione. Le conto sulle dita di una sola mano, dando un nome a ciascuna, e sento che ogni dito vale cento: così dev’essere, così mi piace che sia.

«… poi ti ricordi di quando da bambina mettevi le foglie dell’autunno nelle pagine del dizionario e anni dopo le avevi ritrovate sottilissime e bellissime, esattamente come vorresti finire tu, dentro una pagina di un libro dimenticata e ritrovata anni e anni dopo sottilissima imprendibile conservata intatta e fragilissima.»

Sarah Spinazzola, “Ma tu”, da qui

In tazza un tè verde coreano, dalla regione dell’Hadong, posta a sud dei monti Jirisan: una scoperta recentissima e folgorante di cui per il momento non vi anticipo altro, ché parlar di un tè del genere in piena indolenza sarebbe un peccato; cullate la curiosità, nel frattempo :-)

Il bel “teierino” (che è più corretto chiamare col suo nome: shiboridashi) e la tazza, perfetti per questo tè e in generale per quelli a foglia intera che non richiedano temperature superiori ai 70-75° C, sono opera di un artigiano ceco i cui lavori ammiro da tempo: si chiama Petr Novák e ha un blog in inglese da cui potete partire per iniziare a conoscere il suo lavoro di ceramista, costantemente ispirato dalla sua passione per il tè.

Questo set è ricoperto da uno smalto particolare, di una cupezza luminosa e ruvida che mi incanta vista e tatto, chiamato Black Magda; ecco come lo stesso Petr ne racconta il primo utilizzo: «L’abbiamo chiamato così dal nome della nostra amica Magda, che un giorno ci portò un po’ di questo materiale, dicendoci: “Ero sulle montagne Krušné che scavavo alla ricerca di pietre semi-preziose, quando ho notato una pietra ricoperta di questa strana argilla: provatela nel vostro forno”. L’argilla era di un verde-alga con sfumature brillanti; l’abbiamo mescolata a dell’acqua, setacciata, e poi usata come smalto. Dopo una cottura in forno a oltre 1300° C si è trasformata in questa copertura nera, leggermente increspata e lucente. Così abbiamo chiesto a Magda di accompagnarci nel luogo in cui l’aveva trovata, sulle montagne, e siamo tornati carichi di scorte. Talvolta, mentre la setaccio, trovo piccoli frammenti di calcedonio e opale: da qui la sua iridescenza.»

Accanto, tra un’infusione e l’altra, quel gran bel libro che è The Story of Tea dei coniugi Heiss, tra le cui pagine cerco riscontri circa l’argomento di un post in preparazione. Appena ieri sera è capitato di riflettere su quanto studio, nel vero senso della parola, richieda il portare avanti un blog che abbia il desiderio non solo di allietare ma anche di “istruire”, in certo qual modo, su un determinato ambito di conoscenze: ricerca di risorse, scrupolosa cernita delle fonti, necessità di conferme incrociate, ponderata unione di esperienze personali e testimonianze altrui… fino a che non si sia sufficientemente certi di condividere qualcosa che valga la pena e che si avvicini quanto più possibile alla realtà dei fatti (ché chi ha la certezza dell’esatto, in questo come in tanti altri campi, è un presuntuoso bello e buono).

Non oggi, però. Oggi c’è spazio solo per pigri pensieri scombinati, sfumature di verde, pluti di gomma e sonnolento rumore di pioggia. Buona domenica, o quel rimasuglio che ne rimane :-)

(ihihih… in questa foto ha un’espressione troppo buffa :-))