Riferimenti, non solo letterari, trasudano da ogni pietra. Alice e la regina di cuori, C.S.Lewis, Tolkien, l’ispettore Morse, Mr. Chips, politici, premi nobel, location dei film di Harry Potter: qualunque sia l’interesse, sacro o profano, si può’ essere sicuri che qualche grande e’ passato da qui.
Ho fatto il pellegrinaggio sui luoghi di Dorothy Sayers per scoprire subito che l’unica targa blu che mi sia mai interessato fotografare e’ nascosta da un ponteggio: ma proprio adesso si dovevano mettere a rifare la canonica di Christ Church?!
Ho peregrinato tra i college più’ famosi e gironzolato tranquilla nelle sale dell’Ashmolean Museum. L’apice dei due giorni di visita l’ho raggiunto al piano superiore della Divinity School, tra gli scaffali dell’antico primo nucleo della biblioteca bodleiana. Per me il fascino del luogo non risiede solo nel posto in se’, tra i dorsi degli antichi libri, le scalette dei soppalchi, ciò’ che resta del sistema pneumatico di prenotazione dei volumi e le nicchie per la lettura, ma anche nell’immaginare l’importanza che ha avuto nella storia della conoscenza.
Penso agli anni necessari ad accumulare prima i manoscritti e poi i libri stampati, specialmente nei periodi in cui la loro diffusione era tutto tranne che capillare, penso alle catene agganciate alle copertine perché’ nessuno portasse via documenti preziosi, alla difficoltà’ per accedere a questi luoghi, consultare le opere e proteggerle dalla fiamma delle candele, dal logorio del tempo e degli insetti, penso alle sale e ai sotterranei e agli edifici stipati di testi di cui adesso si compone la biblioteca. Penso al mio ipad, su cui sto scrivendo, seduta in aeroporto, pronto per migliaia di ebook, dal quale, con un click, ho accesso ad un pozzo di informazioni infinite. Sono nata in una generazione di mezzo: subisco il fascino sottile delle lettere incise sui dorsi di cuoio, dell’odore della carta e della bellezza di certe edizioni e, nello stesso tempo, non riesco a resistere al richiamo della tecnologia. Quale vale di più’? Non saprei decidere, non mi pongo il problema. Godo di entrambi e mi ricordo che, fondamentalmente, per me la cosa importante e’ continuare ad imparare parole che rimangano a lungo nella mia testa e mi possano fare compagnia per la maggior parte del tempo possibile.
E adesso sono a Stansted, seduta ad aspettare il mio volo che decollerà’ in tarda serata: sul far del mezzogiorno la mia compagnia dell’anello ha perso uno hobbit. Proseguirà’ nel suo cammino verso Londra: io torno a casa. Rimarrò’ qui qualche ora a leggere, ad osservare il campionario affamato, assetato, annoiato, agitato di umanità’ itinerante che mi circonda, moderno caravanserraglio, mentre ripenserò’ alla settimana trascorsa e abbozzerò progetti per l’autunno. Torno e riparto: da martedì ci saranno sole, mare e pisolini pigri tutti italiani.