La musica rock è la musica del diavolo. Non esiste sciocchezza più grande e se a dircelo è don Antoniu Petrescu, parroco della chiesa di S. Giovanni ad Avezzano, possiamo tranquillamente crederci. Lo dice dal palco su cui si sta esibendo nelle vesti un po' particolari di cantante in un evento organizzato per raccogliere fondi destinati ad aiutare la popolazione terremotata d'Abruzzo. Il concerto si svolge nella piazza centrale di Avezzano, importante centro abruzzese, gremita nell'occasione per manifestare solidarietà verso i cugini Aquilani colpiti dall'immane tragedia, ma anche per assistere alla performance di don Antoniu Petrescu nelle vesti del suo grande idolo musicale: Elvis Presley. Don Antoniu diventa così don Elvis e intrattiene il pubblico con consumata perizia per un'ora buona in cui alterna canzoni del mitico cantante di Memphis a brevi discorsi in cui traspare l'uomo di religione. Tra canzoni d'amore, rock e messaggi di fede cristiana dà libero sfogo al suo estro musicale e alla sua passione. Il messaggio che più spesso ritorna è di “non avere paura di essere se stessi e di tirar fuori dall'anima tutto quello che c'è di positivo”, riferimento neanche tanto velato alle polemiche che spesso accompagnano le sue performance.
Del resto, la sua vocazione musicale è iniziata ben prima di quella religiosa. Sin da piccolo don Elvis ascoltava la musica, studiando diversi strumenti musicali tra cui non poteva certo mancare quello che costituisce l'essenza stessa del rock: la chitarra.
Musicista rodato, quindi, e non cantante improvvisato, se è vero che ha realizzato, dopo diversi singoli incisi, il CD “Divino Amore”, in cui egli luce nella doppia veste di autore e cantante. Il primo lavoro risale in effetti al 1999. Ma la sua carriera artistica non si limita a questo. Vanta anche diverse collaborazioni con artisti internazionali, tra cui una cantante lirica coreana con cui ha curato la versione destinata al paese dell'estremo oriente della sua canzone “Dolce sentire”.
Man mano che la sua attività musicale diventa più intensa, si moltiplicano le sue apparizioni nei media italiani e stranieri: diventa così ospite di diverse trasmissioni televisive della RAI, ma anche della televisione francese, oltre ad essere notato dalla stampa nazionale ed estera.
Questa mediatizzazione della sua figura provoca tuttavia qualche scontento. Non sono pochi i mugugni o gli sguardi pieni di disapprovazione che accompagnano don Elvis quando percorre le strade di Avezzano. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, sono i giovani che hanno sempre manifestato una certa distanza dalla Chiesa quelli più scettici. I suoi parrocchiani, al contrario, sembrano aver superato perfettamente la diffidenza iniziale e guardano adesso con simpatia ed attenzione al prete anticonformista. Quando don Elvis officia la pastorale lo fa seguendo la sua vocazione religiosa lasciando fuori dalla chiesa l'artista. Egli stesso è ben attento a questa doppia veste che ricopre ed è consapevole che il linguaggio di Dio e della musica non sono alternativi ed opposti, ma anzi possono completarsi a vicenda. Nel suo blog campeggia in effetti la frase “ho imparato da tanti anni che senza musica la giornata non finisce, che senza musica non si hanno amici e che senza musica non si può amare”.
Così, se da un lato suscita scetticismo, dall'altro la sua figura anticonformista è riuscita a riavvicinare molti giovani alla Chiesa, in virtù della rottura delle convenzioni che egli opera. Forte di questa consapevolezza, don Elvis mi spiega molto serenamente come riesce a far convivere queste due vocazioni che lui non sente in alcun modo in contrapposizione. All'inizio ha avuto delle difficoltà che gli hanno procurato amarezze e dispiaceri, come lui stesso ammette nel suo blog, ma alla fine, quelli che lo avversavano hanno dovuto ricredersi sulla sua vocazione e sincerità. Del resto, il filone di cantautori religiosi conosce antecedenti illustri, non solo nel nostro paese. Basti ricordare in Francia Sœur Sourire (Suor Sorriso) o Père Duval che tenne un concerto di fronte a 30.000 persone a Berlino, oppure l'associazione “Cantautori di Dio” che riunisce più di 100 cantautori ispirati dal messaggio cristiano. Ma don Elvis si distingue tuttavia dai suoi colleghi perché riesce a coniugare in maniera molto più forte e singolare il messaggio di cui è portatore e lo spettacolo di cui è protagonista. In questo, nonostante le differenze di stile e genere musicale, è molto più simile a Frate Metallo, altro uomo di chiesa che ha saputo generare una certa curiosità per le sue esibizioni come cantante di musica Metal. O forse don Elvis rappresenta, meglio di tutti i suoi colleghi, il superamento della crisi della Chiesa di fronte al linguaggio e ai valori di cui l'ideologia capitalista si fa portatrice. Come faceva notare Pierpaolo Pasolini, la pubblicità, massima espressione in questo senso dello spirito capitalista, sconvolge la morale religiosa attraverso l'accostamento di sacro e profano. Ne forniscono alcuni esempi la pubblicità dei jeans “Jesus”, che il regista friulano analizzava negli anni '70, dove messaggi evangelici campeggiavano sulle natiche in bella mostra di una ragazza procace, oppure la pubblicità della catena di fast-food Kokoriko che promuove hamburgers di pollo ricorrendo all'immagine del cuore di Gesù. Don Elvis, con il beneplacito delle gerarchie ecclesiastiche, compie questo percorso a ritroso per ricomporre i due linguaggi, il religioso e il secolare, specchiandosi nel personaggio che può sembrare il più antitetico alla morale evangelica. Elvis Presley perde così i suoi tratti trasgressivi per diventare una nuova icona cristiana.