Don Farinella contro la farina del diavolo

Creato il 12 novembre 2013 da Albertocapece

Il cardinal Bagnasco, per anni sollecito cappellano dell’armata berlusconiana, non vuole proprio andare in tribunale, recalcitra e sta facendo di tutto per potersi sottrarre all’ingrato compito di testimone. Per un pastore di anime dovrebbe essere invece un’occasione imperdibile: quella di rivelare urbi et orbi se è consentito a qualcuno che si proclama cattolico di presentarsi come candidato di un partito pieno di indagati e il cui capo viene definito dai tribunali della Repubblica «propenso naturalmente a delinquere».

Ovvio che dovrebbe rendere esplicita l’impossibilità tra fede e malaffare, dovrebbe farlo anche se appartenesse alla casta sacerdotale di un qualsiasi credo fosse pure l’animismo più primitivo. Ma Bagnasco non vuole farlo, sta muovendo avvocati e politici per sottrarsi a un compito che dovrebbe essere basilare per chi dalla sera alla mattina parla di “testimoniare Cristo”. La strana vicenda è nata da una querela di Pier Luigi Vinai, candidato berlusconiano nel 2012 alla carica di sindaco di Genova, oltre che maneggione a tutto campo, nei confronti di don Paolo Farinella reo di aver scritto che non si può ostentare la propria appartenenza alla fede cattolica al fine di incamerare voti se poi si milita in un partito colmo di inquisiti e in un’area dominata da Scajola, l’uomo dell’insaputa. E ora la difesa  di don Farinella ha chiamato Bagnasco sul banco dei testimoni come “perito” di fede.

Apriti cielo, il cardinale e presidente dei vescovi italiani sta muovendo mezzo mondo per sottrarsi a questo compito apparentemente semplice e scontato, specie dopo le insistenze del papa sull’incompatibilità tra cristianità e corruzione. Certo rimane il mistero di come Formigoni e affaristi ciellini, opus deisti e cristiani da Parlamento siano ancora lì a fingere profonda fede ed ad acchiappare devoti citrulli, ma almeno un cardinale non dovrebbe avere difficoltà nell’esprimere un’ovvietà. Solo che se Bagnasco testimoniasse in questo senso non farebbe altro che accusare la chiesa e le gerarchie cattoliche di aver appoggiato il corruttore ormai da un quindicennio, facendo finta di non vedere, di non sentire, contestualizzando e perdonando in cambio di leggi destinate ad affermare la supremazia cattolica sulla laicità dello stato e una visione del tutto reazionaria della società. Un santo voto di scambio.

Con che faccia Bagnasco andrebbe a testimoniare qualcosa che rappresenta l’esatto contrario di ciò che ha fatto con straordinaria pervicacia, tra l’altro creando un precedente che non potrebbe essere facilmente ignorato in futuro? Farebbe la figura del sepolcro imbiancato.  Certo lo è, ma l’importante è che non si veda con quella chiarezza che i fedeli meriterebbero e i laici dovrebbero esigere.


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