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Don Pizzarro condanna all’inferno il mondo artefatto di Studio Aperto

Creato il 23 ottobre 2012 da Cremonademocratica @paolozignani

Da quanti anni molti italiani subiscono la folle realtà di una tivù figlia dell’assurda legge Mammì e di telegiornali finti. Don Pizzarro, nella sua omelia di oggi, non manca di scagliare i dovuti anatemi e l’inevitabile scomunica a Studio Aperto.

Don Pizzarro condanna all’inferno il mondo artefatto di Studio Aperto

Non Enrico, ma Giovanni Toti è il direttore di Studio Aperto!

Un caro amico è convinto che siamo di fronte alla falsificazione della realtà, alla distrazione di massa, alla mistificazione. Vero, ma solo in parte. A mio parere, infatti, quando la tv è sintonizzata sul ‘sei’ e sullo schermo passano le immagini di Studio Aperto, è come essere immersi in mondo suggestivo, nel senso di un universo creato artatamente per lo spettatore privo di quegli strumenti culturali la cui assenza lo rende – mediaticamente – suggestionabile. Malleabile. Una spugna che assorbe tutto, non in grado di selezionare, discernere, porsi interrogativi non tanto rispetto a ciò che vede ma sul perché gli viene propinata una cosa piuttosto che un’altra. In quel momento storico-politico, in quel giorno particolare. Farsi domande, sollevare dubbi: è questo che una persona dovrebbe fare di fronte ad ogni situazione. Una persona si valuta dalle domande che fa, non tanto dalle risposte che dà, diceva quel tale.

Mi è venuta voglia di scrivere questo post perché – anche se per motivi diversi – pure Studio Aperto rappresenta un esempio di giornalismo ‘partigiano’ (oltre che di pessimo telegiornale). Anche se nel senso diametralmente opposto a quello inteso da Zignani nel post sul giornalismo non illuminato che disinforma. Partigiano inteso infatti da me come di parte, fazioso, al servizio di un padrone. Che, nella fattispecie, tanto per cambiare, è Lui, l’Unto dal Signore. Ai cui piedi non siede solo SA, bensì anche il sempiterno Tg4 e l’istituzionale (e quindi più subdolo perché meno sfacciatamente schierato) Tg5. Tre tiggì con tre obiettivi – non è un mistero – ben diversi e complementari. Il mio intendimento è però quello di parlare di SA perchè – dei tre – è quello che – apparentemente non serve a nulla, in quanto non funzionale ad alcuna causa. Ma solo – come detto – apparentemente. Breve digressione, semplificata: il ‘cinque’ offre una parvenza (solo quella) di imparzialità; il ‘quattro’ conserva il milione di voti (telespettatori) tra la casalinga di Voghera e le sue colleghe, nocciolo duro del seguito berlusconiano. E il ‘sei’? Dovrebbe servire – queste almeno le malcelate intenzioni di fondo – ad attrarre il target giovane. Coloro ai quali si vorrebbe offrire una visuale preconfezionata della politica. Un pasto già caldo, pronto solo per essere divorato. Un politica che arriva da un’angolazione faziosa, di parte, ad usum Delphini (sì, proprio come accade per i cosiddetti referti ‘addomesticati’, manipolati ad arte), della politica. Secondo fini propagandistici e in ultima battuta elettorali. E come si fa ad attirare i giovani? SA ci prova quasi quotidianamente con un servizio sul meteo (sia chiaro: il meteo dovrebbe fare notizia solo se nevica d’estate, o ne vengono giù quaranta centimetri, o fai il bagno al mare in pieno inverno. Altrimenti, seguendo il ‘classico’ ciclo delle stagioni, le previsioni del tempo non sono una notizia) e uno di gossip inframmezzato da un servizio di politica in salsa mistificatrice. Che manipola menti indifese, non attrezzate. SA altera la realtà, non conta balle. Non c’è bisogno di farlo. Se tra una bella meteorina che ti dice che oggi piove e domani c’è un solone e un altrettanto bel seno in spiaggia che ti parla di quel mare come del più bello del mondo (dicasi ‘spottone’) mandi in onda un servizio politico, non c’è bisogno di dire il falso: è sufficiente tacere alcuni dettagli e mostrarne – amplificandoli – altri più funzionali alla causa. Il resto del lavoro, speso a livello inconscio, lo fanno i due servizi che ‘avvolgono’ quello a tema politico. La disinformazione è distrazione di massa. E’ soprattutto informazione distorta, non tanto informazione errata. La differenza: la seconda si scopre facilmente perché ha le gambe corte; la prima – come esemplificato – la si subisce.

Non a caso la scaletta-tipo di quella specie di tg che propone il ‘sei’ è la seguente: cronaca nera in apertura, un must oramai. Poi ancora cronaca nera (omicidio, piuttosto che incidente, piuttosto che caso di cronaca irrisolto, rispetto al quale non c’è peraltro alcuna notizia fresca). Poi un’intervista alla Moric e alla Canalis. Poi ancora un po’ di ‘nera’. Poi – finalmente – una notizia di politica (ce ne saranno pure in questo periodo, con la Lombardia prossima al voto, di spunti politici, o no?), quasi sempre da studio. Niente servizi: due parole del conduttore e morta lì. Nella parte finale di quello che mi ostino a chiamare – con rispetto parlando – telegiornale, le briglie si sciolgono completamente: backstage dei calendari, un vedo-non vedo; la starlet che vorrebbe un figlio da quello, anzi no da quello; l’intervista esclusiva alla Gregoraci che parla di non si capisce bene che cosa e a che titolo lo faccia; l’auto-promozione, con il record di ascolti di ‘Domenica live’, dove, proprio domenica scorsa, andava in onda un processo a Schettino (ovviamente senza il protagonista) che aveva per ‘opinionista’ – non sto scherzando – Enrica Bonaccorti, quella del cruciverba farlocco. Un processo di cui sarebbe difficile riferire, tanto era surreale. Mi chiedo, quindi: Studio Aperto possiamo continuare a chiamarlo telegiornale, o sarebbe meglio inserirlo nella categoria dei rotocalchi al pari di Verissimo e dei suoi simili? Perché se venisse considerato un notiziario di gossip, niente da dire: uno compra ‘Chi’, l’altro guarda ‘Studio Aperto’. La stessa cosa. Liberissimo di farlo. Altrimenti se ci si incaponisce a chiamarlo tiggì, allora dobbiamo aggiungere che è un tiggì che mitridatizza menti. E se andate a cercare il significato di mitridatizzare, non scoprirete nulla di piacevole.

Ah, dimenticavo: il direttore di Studio Aperto è il semisconosciuto ai più Toti Giovanni (a capo anche della redazione del Tg4 dopo l’allontanamento di Fede Emilio). Un soldatino a comando, un bassotto da riporto. Una faccia di creta che nessuno credo utilizzerà mai per foggiare capolavori.

Don Pizzarro


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