Don’t you know that storybook loves always have a happy ending

Da Lidiazitara @LidiaZitara

La storia fantastica potrebbe essere presa a modello di come un film riesca a portare sullo schermo un libro in parte tradendolo e in parte rispettandone lo spirito. E’ un caso notevole nella cinematografia nata da romanzo, e credo dovrebbe essere seriamente studiato dagli sceneggiatori.
Grande il vantaggio di partire da un’opera di William Goldman, un signor nessuno tra i più premiati di Hollywood, che tra una cosa e l’altra ha scritto “Tutti gli uomini del Presidente” e “Misery”.
Questo Goldman ci ha dato sotto con le invenzioni, quello che racconta, la sua vita, la sua famiglia, il libro di Morgestern, è tutto fasullo. Ha disseminato nel romanzo delle note e delle osservazioni che hanno resa vivida la sua invenzione: il paese di Florin, l’autore Morgestern, il volume fuori catalogo e introvabile di cui avrebbe fatto una riduzione, appassionandoci così non solo alla realtà narrata dalle vicende, ma anche a quella parallela dei suoi ricordi.

Di recensioni del libro ne trovate ovunque. Io voglio dire una sola cosa: non è affatto vero che libro e film sono identici, che non vi rovinerete la sorpresa della lettura, che nessun piacere viene guastato dall’aver vistio prima il film.

Il film lo sappiamo tutti, è romantico e demenziale al contempo, ma il libro è caustico come l’acido muriatico.
I personaggi vengono ridicolizzati, non solo resi un po’ bislacchi come nel film. Westley e Bottondoro, che nel film sono innamorati, seri, anche un po’ gravi nelle loro dichiarazioni sentimentali, nel romanzo sono sferzati dalla penna di Goldman, che li descrive come un fissato e una zozzona. Westley è bravo a fare ogni cosa, ma è privo di spessore: il suo amore per Bottondoro, così appassionato nel film, diventa solo una sorta di mania nel romanzo. Bottondoro è una lordazza, tutta incatramata di sudiciume. Solo dopo essersi accorta di essere innamorata di Westley decide di scortecciarsi dietro le orecchie. E’ una rimbambita, scervellata, ed è anche antipatica. Le sue decisioni non hanno nè capo nè coda, prive di logica e di senso, come quelle di Westley, d’altra parte. E Goldman ci carica sopra una feroce ironia sui personaggi delle fiabe e dei racconti romantici, senza tregua, dall’inizio alla fine.
E’ proprio questo il senso del romanzo, che il film non rispetta affatto, pur infilandoci momenti comici e disorientanti.

Il personaggio migliore, poi? Non certo Bottondoro o Westley, e neanche Inigo e Fezzik, ma il principe Humperdink. Fantasioso e creativo nella sua spietatezza.

Per chi fosse interessato, il libro è pubblicato in Italia con il titolo (più vicino all’originale)La principessa sposa, ed è edito da Marcos y Marcos.

io però ho preso la vecchia edizione Bompiani

E così si conclude con un po’ d’amaro in bocca un’avventura narrativa di quan’ero ragazzina. Non sono una che si fa seppellire dall’imprinting fanciullesco, ma stavolta lo posso dire: era meglio il film!


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